Come è fallita l’operazione Usa per salvare Foley
Le forze speciali degli Stati Uniti hanno condotto, senza successo, un’operazione per salvare il fotoreporter James Foley – decapitato da un militante dello Stato islamico che ha diffuso in un video su Internet i suoi ultimi istanti di vita – ed altri americani detenuti in Siria da uomini dello Stato islamico. Lo rivelano, si legge sul sito del Washington Post, due alti funzionari dell’amministrazione Obama, precisando che l’operazione è avvenuta questa estate. Il tentativo di liberare Foley, in cui sono state coinvolte diverse decine di commando americani, uno dei quali è rimasto ferito in uno scontro a fuoco violento con i militanti, è la prima operazione di terra nota degli Stati Uniti in Siria da quando nel Paese è iniziata la guerra civile.
Il presidente Usa Barack Obama “ha autorizzato all’inizio di questa estate un’operazione per cercare di salvare cittadini americani detenuti dall’Isil”, ha spiegato uno dei funzionari, precisando che il tentativo non ha avuto successo perché “gli ostaggi non erano sul luogo dell’operazione”. Secondo altri funzionari, gli ostaggi sarebbero stati spostati prima del raid, forse alcune settimane prima. A seguito dell’annuncio dell’operazione, si legge ancora sul Washington Post, anche la Casa Bianca ed il Pentagono hanno confermato che Obama aveva autorizzato la missione in seguito alle valutazioni che “questi ostaggi erano in pericolo ogni giorno che passava”. Oltre a non precisare il luogo dove è avvenuta l’operazione, i due funzionari non hanno rivelato il numero degli americani trattenuti insieme a Foley, ma si ritiene che siano almeno quattro, uno dei quali il giornalista freelance Steven Joel Sotloff, che appare nel video insieme al giornalista decapitato.