Svezia e Norvegia tra elezioni, scioperi e ambiente
Tra meno di un mese la Svezia andrà al voto: urne aperte il 14 settembre, per una tornata elettorale che quasi certamente sancirà il ritorno al potere dei partiti di sinistra dopo otto anni passati all’opposizione. I sondaggi pubblicati a inizio settimana dal quotidiano Aftonbladet non danno molte possibilità alla coalizione di centrodestra del premier Reinfeldt: 37,6 per cento contro 46. Probabile che il centrodestra tenterà qualche mossa a effetto negli ultimi giorni cercando di convincere gli indecisi, ma secondo gli analisti il divario è troppo ampio.
I socialdemocratici sono in posizione di forza e spingono sui temi classici: scuola e lavoro. E poi ci sono i trasporti, un argomento che si ritaglia sempre grande spazio nelle elezioni scandinave. Il leader del partito Stefan Löfven ha promesso un ingente programma di finanziamento per rimettere in sesto la rete ferroviaria del paese. Il piano intende centrare due obiettivi: dare lavoro a migliaia di persone e migliorare la rete ferroviaria nel giro di pochi anni.
Anche i Democratici Svedesi, la più a destra delle formazioni politiche rappresentate nel parlamento di Stoccolma, hanno riportato al centro dell’attenzione il loro cavallo di battaglia: l’immigrazione. Il partito ha presentato proposte che puntano a far entrare nelle casse dello stato miliardi di corone proprio grazie ad alcune modifiche alle leggi sull’immigrazione: dalle regole sul ricongiungimento familiare a quelle che disciplinano l’ottenimento del permesso d’asilo. Alcuni economisti sentiti dal quotidiano Svenska Dagbladet hanno però bollato la proposta come poco credibile: vaghi gli obiettivi e poco accurati i numeri.
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In Norvegia intanto non è stato raggiungo nessun accordo per mettere fine allo sciopero degli insegnanti, entrato lunedì scorso nella sua nona settimana. Sono circa 7.700 gli insegnanti attualmente in sciopero: oltre 200 le scuole colpite per un totale di studenti coinvolti che sfonda quota 100.000. E il numero dei docenti con le braccia incrociate potrebbe aumentare ancora nei prossimi giorni.
Fuori dalla cronaca si ritaglia spazio il Partito Socialdemocratico. Le elezioni sono lontane ma l’analisi che il partito ha fatto della sconfitta dello scorso settembre (quando a prevalere è stata la coalizione di centrodestra) ha spinto i vertici del principale partito di sinistra del paese a muoversi in largo anticipo. Nei punti indicati dal leader socialdemocratico, Jonas Gahr Støre, c’è da settimane anche la questione ambientale, scivolata nel corso degli ultimi anni fuori delle priorità a tutto vantaggio dell’industria petrolifera, ad esempio, considerata dai socialdemocratici un settore fondamentale capace di produrre ricchezza e posti di lavoro.
Støre sin dall’inizio del suo incarico ha detto di voler riportare in alto la tematica ambientale, facendo capire di essere pronto anche a porre limiti in futuro all’estrazione di petrolio e gas dai ricchissimi mari che bagnano la Norvegia. Støre però ha voluto tranquillizzare tutti coloro che hanno visto nelle sue parole un importante cambio di rotta nella politica ambientale (e dunque anche energetica) del Partito Socialdemocratico.
Resta il fatto che nelle sue dichiarazioni si rintracciano segnali di un nuovo approccio. Forse è solo calcolo politico, nel tentativo di ritrovare voti perduti. O forse è davvero l’alba di una nuova stagione politica, nella quale l’ambiente tornerà nel gruppo delle priorità del Partito Socialdemocratico norvegese.
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