Ucraina, “Morire per Kiev?”
“Mourir pour Dantzig?” si chiedeva nel 1939, all’alba della Seconda Guerra Mondiale, l’uomo politico francese Marcel Déat dalle colonne del giornale “L’Oevre”. La ‘libera’ città che oggi si trova in Polonia era stata tolta alla Germania in seguito alla sconfitta nel primo conflitto mondiale ed era passata sotto l’amministrazione della Società delle Nazioni, anche se sotto stretto controllo polacco.
Il ‘corridoio di Danzica’ nelle mire espansionistiche di Hitler avrebbe dovuto riunire Prussia Occidentale e Orientale, previa invasione del territorio di Varsavia. Francia e Gran Bretagna si erano impegnate a difendere la Polonia. “Morire per Danzica?” si poteva tradurre “vale la pena di scatenare un secondo conflitto mondiale pur di non concedere al regime nazista un territorio strategicamente secondario?”. La risposta che venne data dalle democrazie occidentali è nota, come le sue conseguenze.
Il fantasma dei bombardamenti nazisti iniziati quel 1° Settembre 1939, come quello dell’invasione sovietica – l’Urss aveva un patto segreto con Hitler – del 17 Settembre, aleggia di nuovo sull’Europa. L’ha ricordato Donald Tusk, premier polacco e prossimo presidente del Consiglio Ue: “Non possiamo permettere che si ripeta quello scenario – ha detto commemorando a Danzica il 75° anniversario dell’invasione della Polonia – dobbiamo imparare dal passato senza ingenui ottimismi”.
La domanda che l’Europa oggi si pone è “morire per Kiev?”. Secondo quanto riferisce Valeri Geletei, ministro della Difesa ucraino, i paracadutisti dell’esercito si sono scontrati non solo con le forze dei separatisti ma con mezzi blindati russi, forse carri armati, in una dura battaglia per il controllo dell’aeroporto di Luhansk. L’importante obiettivo strategico dell’Ucraina orientale è rimasto sotto il controllo ribelle. Geletei è stato chiaro: “Siamo in guerra contro la Russia che decide quello che succede nel Dombass (la regione mineraria che comprende le regioni di Donetsk e Luhansk, ndr)”.
L’esercito separatista negli ultimi giorni sta riprendendo le posizioni perse nelle ultime settimane a causa dell’intensificarsi dell’operazione anti terrorismo inaugurata dal Capo dello Stato Poroschenko. I ribelli hanno aperto anche un terzo fronte a Novoazovsk, al confine tra l’Ucraina meridionale e la Russia. Questa ritrovata vitalità dei filorussi sarebbe imputabile, a detta di Kiev e dell’Occidente, all’aiuto diretto delle truppe regolari di Mosca.
La Russia risponde alle accuse per bocca del ministro degli Esteri Lavrov, impegnato a Minsk sul fronte colloqui per un cessate-il-fuoco: “Siamo per una risoluzione esclusivamente pacifica di quella che non è solo una crisi ma una tragedia”. Meno morbido Putin che non solo ha accusato i media occidentali di nascondere i bombardamenti ucraini sui quartieri residenziali, ma ha detto pure che “(le azioni dei ribelli) sono la reazione normale di persone che difendono i propri diritti”. In vista di nuove sanzioni da parte dell’Europa ha invitato al “buon senso” visto che “se voglio prendo Kiev in due settimane” (dichiarazione riportata solo da alcune fonti, veridicità in dubbio, ndr).
Non si è fatta attendere la risposta di Federica Mogherini, nuovo Alto Rappresentate della Diplomazia Europea. È interesse dell’Ucraina, dell’Europa e della Russia “che la crisi abbia una soluzione politica e non una soluzione militare, che semplicemente non esiste, ma ogni volta che si sono gettate le premesse per un’intesa, gli sviluppi sul terreno l’hanno smentita. Putin non ha mai rispettato gli impegni presi in diversi contesti, a Ginevra, in Normandia, a Berlino. Ha sprecato l’opportunità di dare una svolta, esercitando la sua influenza sui separatisti, in occasione dell’abbattimento dell’aereo malese”, ha sottolineato la Lady Pesc.
Ha poi proseguito: “La diplomazia non ha alternative e le sanzioni sono uno degli strumenti a disposizione di questa politica. Ma devono far parte di una strategia complessiva, che forse a volte è mancata. Il punto è se l’efficacia che le sanzioni stanno dimostrando di avere sull’economia russa producano comportamenti razionali nella sua leadership. In questa fase il Cremlino agisce contro gli interessi del suo popolo”.