Referendum in Scozia: banche, economia e identità
Banche pronte a fare le valigie, incertezza sui mercati, dubbi sul futuro economico. Per i sostenitori del no, un vero e proprio salto nel buio. C’è fermento nella Scozia che giovedì potrebbe decidere di diventare indipendente attraverso un referendum. Molti quotidiani mettono in guardia gli scozzesi evidenziando i rischi legati a una vittoria del sì. Ma l’esito del voto non dipenderà solo dagli aspetti economici.
Per l’Economist la vittoria del sì rappresenterebbe un risultato “nocivo per la Scozia e tragico per quello che resterebbe del Regno Unito”. Secondo il Financial Times “l’unica certezza è l’incertezza, e a farne le spese saranno la Scozia e il Regno Unito”. Il quotidiano Scotsman ha scritto “Stiamo meglio insieme”. Per la Deutsche Bank la vittoria del sì sarebbe un errore. Il Fondo Monetario Internazionale sostiene che l’affermarsi del fronte indipendentista “solleverebbe una serie di questioni complicate e l’incertezza sulla transizione dal punto di vista del quadro monetario, finanziario e fiscale potrebbe provocare la reazione negativa dei mercati”.
I sostenitori del sì al referendum affermano che quella di giovedì è un’opportunità storica. Ritengono che una Scozia indipendente potrà essere più ricca e più equa e che potrà usare meglio le risorse a disposizione (anzitutto il petrolio). Allo stesso tempo rimproverano al premier David Cameron di soffiare sul fuoco della paura, coordinando una campagna mediatica che punta ad avvolgere di incertezza il futuro di una Scozia indipendente.
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Royal Bank of Scotland ha già annunciato che in caso di Scozia indipendente trasferirà la propria sede legale in Inghilterra. Anche un gigante come LLoyds studia piani simili. E se le banche vanno via, molte aziende potrebbero decidere di seguirle. Per la Scozia si tratterebbe di veder messa subito in dubbio la propria capacità di mantenere un settore economico e finanziario all’altezza. L’incertezza ha già avuto i suoi costi: la sterlina ha perso valore e molti investitori hanno spostato i loro soldi altrove, abbandonando il Regno Unito e il suo futuro pieno di incognite.
Eppure, nonostante le sirene d’allarme, i sondaggi dicono che il risultato è in bilico: il referendum di giovedì si risolverà in un testa a testa che potrebbe essere deciso da molti fattori a partire da un’affluenza che promette di essere altissima. Tante persone ancora non sanno che posizione prendere. Bisognerà capire come si comporteranno gli adolescenti, orientati a votare no. Determinante potrebbe essere il voto delle isole. Gli abitanti degli arcipelaghi delle Shetland e delle Orcadi nelle ultime settimane si sono avvicinati sempre più al sì. Altrettanto importante è la strada che imboccheranno i ‘nuovi scozzesi’ vale a dire gli immigrati di seconda generazione che vivono in Scozia ma che hanno le loro radici altrove: secondo le ultime indagini, la maggior parte di loro è pronta a supportare la causa indipendentista.
Il referendum in programma giovedì ha animato un dibattito che ha travolto l’intera Scozia: ne parlano i giornali, se ne discute nei pub e in televisione, volantini e cortei per le strade, le librerie sono piene di pubblicazioni sull’argomento. Ma da diversi anni nel paese si muove qualcosa. Scozzesi e inglesi sono molto meno diversi oggi rispetto a un secolo fa, eppure soprattutto le persone cresciute negli anni ’90 hanno sviluppato uno spiccato orgoglio nazionale: è la “generazione Braveheart”, secondo un’etichetta utilizzata spesso. “Nessuno può governare la Scozia meglio degli scozzesi” ha detto Alex Salmond, leader del fronte del sì, un paio di giorni fa durante un incontro come la stampa straniera: “La Scozia è un’orgogliosa nazione che crede al proprio destino e sono 300 anni che aspetta di ridiventare uno stato sovrano”.
Un oggetto come il kilt, tradizionale indumento scozzese, ha guadagnato popolarità negli ultimi anni diventando il simbolo di una spiccata identità nazionale e culturale. Il Guardian ha ricordato come allo stesso tempo dalla Seconda Guerra Mondiale in poi sia via via svanito quel concetto di ‘britannicità’ che aveva caratterizzato tanto a lungo il Regno Unito.
La campagna elettorale per il referendum è stata giocata anche su questo: le emozioni, non solo l’analisi. La scelta che gli scozzesi sono chiamati a fare verrà fatta pensando al portafoglio, come quasi sempre accade. Ma c’è anche l’identità, il senso d’appartenenza. E non è poco.
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