Articolo 18, la sinistra Pd contro il premier: “Pronti alla battaglia”

Pubblicato il 19 Settembre 2014 alle 17:29 Autore: Giuseppe Spadaro

Opinioni a confronto sull’articolo 18. Secondo un sondaggio dell’Istituto demoscopico Ixè per Agorà gli italiani sono contrari all’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Secondo i risultati del sondaggio sono contrari all’abolizione il 64% degli intervistati. Dopo le prese di posizione dei giorni scorsi leggiamo le opinioni sull’argomento degli ex ministri del lavoro Elsa Fornero e Cesare Damiano, dell’esponente democratico Guglielmo Epifani già leader sindacale e di Susanna Camusso attuale segretaria della Cgil e

ARTICOLO 18, FORNERO “MI CHIEDO SE SERVA ABOLIRLO” – “Mi chiedo se l’abolizione dell’articolo 18 sia davvero quel che serve”. A dirlo è Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro del governo Monti, che intervistata dal Corriere della Sera, spiega perchè, a suo avviso, il premier Matteo Renzi abbia deciso di accelerare sulla riforma del lavoro: “per risolvere un conflitto nella maggioranza, accogliendo la richiesta del Nuovo centrodestra, che ne fa una vittoria di bandiera”. Esclude che la spinta di Renzi sia legata alle pressioni internazionali: “non credo proprio. Ho parlato con i vertici dell’Ocse e, semmai, sono sconcertati che si torni a discutere di articolo 18, già riformato solo due anni fa. Si sarebbe dovuto seguire un metodo diverso: valutare i risultati di quella riforma e vedere se essa andava corretta”. Fornero torna a riflettere sull’occupazione: “se non c’è domanda di lavoro, l’unico modo per crearla è ridurre in maniera significativa le tasse sul lavoro. Ma su questa, che è la vera cosa importante, non abbiamo ancora capito come farà il governo”.

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DAMIANO “SU ARTICOLO 18 RENZI ACCETTA PARAMETRI DELLA DESTRA” – “Un partito della sinistra europea non può alzare come bandiera fondamentale, in un momento di crisi e alta disoccupazione, la possibilità di rendere più liberi i licenziamenti e soprattutto di farlo a carico delle nuove generazioni”. Lo dice l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, intervistato da Radio Capital. “Quando il presidente del Consiglio afferma che si devono avere diritti universali per i lavoratori non può ipotizzare una riforma per la quale i padri mantengono le regole attuali e i loro figli perdono diritti, come quello alla reintegrazione. Il nostro modello è quello tedesco, che dà la possibilità ai licenziati senza giusta causa di scegliere tra l’indennizzo economico e il reintegro. Renzi invece -sottolinea Damiano- accetta i parametri della destra e con la crisi un’azienda può riorganizzare il lavoro, demansionare, ridurre lo stipendio. È inaccettabile”. “Serve una discussione parlamentare e una discussione nel partito. Questa non è una discussione su un comma o un articolo o un codicillo ma su un impianto valoriale”, insiste Damiano, che aggiunge di non intravedere il rischio di una ‘scissione’ da parte di quanti contestano il modello scelto dall’esecutivo per riformare il lavoro: faremo una battaglia dentro al partito ma almeno ci si dia la possibilità di far sentire la nostra voce”.

ARTICOLO 18; EPIFANI “REINTEGRO ESISTE IN ALTRI PAESI” – “In molti paesi europei il reintegro, magari con forme diverse, c’è. Non è vero che non c’è”. Così l’ex leader Cgil ed ex segretario Pd Guglielmo Epifani, intervistato dalla Stampa, torna sulla modifica all’art. 18 e solleva dubbi sul mancato reintegro: “se si fa saltare totalmente per affidarsi unicamente al risarcimento monetario si crea una soluzione che ha un limite fondamentale”. “Si parte con un risarcimento alto, alla prima difficoltà poi lo si dimezza, quindi con la crisi lo si fa saltare del tutto”. Alla domanda se il nodo reintegro possa creare una frattura nel Pd risponde: “dipende da come si risolve la questione: è chiaro che su questo punto possono maturare posizioni differenti”. Il tema, continua l’ex segretario, “si può affinare, ma già ipotizzare che scatti dopo tre anni è un bel salto. Detto questo, pensare che chi ce l’ha lo può tenere, mentre i neoassunti non lo possono avere mai più non mi convince”. Per Epifani, nella riforma del lavoro “il primo punto da cui partire è collegare formazione e lavoro in maniera più stabile e forte”. “Poi, sul versante delle imprese, occorre migliorare la qualità della domanda”. “Bisogna puntare sulla qualità, perchè a noi non serve un modello di sviluppo incentrato su decentramento delle produzioni, prezzi bassi e grandi quantità”. La questione-apartheid? “È il secondo punto da affrontare: il nostro mercato del lavoro deve essere reso più inclusivo. Oggi ci sono lavoratori che non hanno diritti”. E sottolinea: “Va superata la cassa in deroga”. “Bisogna poter garantire a chi resta senza lavoro una tutela più universale”.

TADDEI “LEGGE DELEGA È UNA SVOLTA, ANDIAMO AVANTI” – “Credo che il Pd abbia fatto attendere fin troppo il Paese sulla riforma del lavoro. Ora questa legge delega ci consente di dare una svolta reale al mercato del lavoro e nè il governo, nè il Pd si lasceranno sfuggire questa occasione”. Parola del responsabile del Lavoro nella segreteria dem Filippo Taddei, che intervistato da Qn sottolinea: “abbiamo preso un impegno, intendiamo mantenerlo. Credo fermamente che il contratto di lavoro a tutele crescenti sia un tassello importante per rilanciare il mercato del lavoro. E questo, per altro, non significa cancellare l’articolo 18”. Torna sulle critiche alla riforma sollevate all’interno del suo partito: “dentro il Pd il dialogo e il confronto sono da sempre aperti”. “Spero che tutte queste perplessità possano trovare chiarimento e arricchimento» nella riunione di segreteria del 29 settembre, «ma bisogna difendere quest’occasione che abbiamo di rivoluzionare nel suo complesso il mercato del lavoro”. Esclude il rischio di spaccatura nel Pd su questo tema: “io questo pericolo non lo vedo”. Quanto ai sindacati, “le controproposte e suggerimenti sono assolutamente i benvenuti nell’ambito di una discussione generale sul tema. Certo, non mi sembra il caso di avviare nessun tipo di discussione preventiva, invece, se le posizioni sono antitetiche rispetto a quelle del governo”. Il dissenso? “Ci sarà sempre, è naturale sia così, ma non ci fermeremo per questo”.

LAVORO: CAMUSSO (CGIL) “DA GOVERNO ANCHE MISURE DI DESTRA” – “Mi ha molto colpito che nel suo discorso in Parlamento il premier non ha parlato di come creare occupazione e ha assunto la cancellazione dello tutele dei lavoratori, come faceva la destra”. A dirlo è il segretario Cgil Susanna Camusso, intervistata da Repubblica. Al giornalista che le chiede se Renzi sia di destra dice: “No”. E alla domanda se ritenga allora di destra le politiche del premier risponde: “non tutte, sarebbe sbagliato sostenerlo. Non lo è stato di certo il provvedimento sugli 80 euro. Ma l’articolo 18 è da sempre una bandiera della destra”. “Mi sembra sbagliata e grave – continua Camusso – l’idea che possa esserci una decretazione d’urgenza sui licenziamenti. Di certo con queste misure non crescerà il Pil, il Paese resterà in deflazione e non recupereremo il 25% di capacità produttiva che abbiamo perso. La logica scelta non è quella di aggredire le cause dell’economia ma solo attaccare il sindacato”. “Si assiste – afferma il segretario – a una rappresentazione distorta, come se il problema fossero le organizzazioni sindacali”. L’apartheid nel lavoro? “Vorrei ricordare che mai in Sudafrica si è pensato di superare l’apartheid peggiorando le condizioni della popolazione bianca. Si continua a perseverare nell’errore di ritenere che la perdita di competitività dipenda da quei diritti mentre invece è la precarizzazione e la mancanza di investimenti formativi” “ad aver contribuito al nostro declino competitivo”. L’ipotesi di sciopero generale? “In assenza di un confronto» sottolinea Camusso «non potremo che mettere in campo una grande mobilitazione, che mi auguro unitaria con Cisl e Uil. Nulla può essere escluso, nemmeno lo sciopero”.

BERSANI CONTRO RENZI: “SARA’ BATTAGLIA” –  “Saranno presentati molti emendamenti – ha detto l’ex segretario Pd in un’intervista a Rmc – non solo sul reintegro in caso di licenziamento ingiusto, perchè se l’interpretazione è quella sentita da Sacconi e altri,allora non ci siamo proprio. Andiamo ad aggiungere alle norme che danno precarietà ulteriore precarietà, andiamo a frantumare i diritti, non solo l’art.18 e allora sarà battaglia”.

L'autore: Giuseppe Spadaro

Direttore Responsabile di Termometro Politico. Iscritto all'Ordine dei Giornalisti (Tessera n. 149305) Nato a Barletta, mi sono laureato in Comunicazione Politica e Sociale presso l'Università degli Studi di Milano. Da sempre interessato ai temi sociali e politici ho trasformato la mia passione per la scrittura (e la lettura) nel mio mestiere che coltivo insieme all'amore per il mare e alla musica.
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