Donato Bruno indagato, lui smentisce
In mattinata la notizia pubblicata da Il Fatto Quotidiano era piombata in Parlamento. Secondo il giornale diretto da Padellaro, Il vicepresidente di Forza Italia al Senato nonché candidato per la Corte Costituzionale Donato Bruno risulterebbe indagato dalla procura di Isernia in merito alla vicenda del fallimento della società Ittierre, colosso dell’abbigliamento entrato in crisi nel 2009.
Secondo l’articolo, Bruno in quanto avvocato sarebbe finito sotto la lente dei magistrati per via di una consulenza da 2,5 milioni che gli sarebbe stata affidata da uno dei commissari liquidatori della Ittierre, ossia Stanislao Chimenti. Secondo Il Fatto, Bruno è indagato per “interesse privato del curatore negli atti del fallimento” in quanto condivide lo studio professionale con lo stesso Chimenti. A nominare Chimenti, Roberto Spada e Andrea Ciccoli commissari straordinari per l’Ittierre fu nel febbraio del 2009 l’ex ministro Claudio Scajola. Il Fatto riferisce che al senatore Bruno non sarebbe stato comunicato nulla dai magistrati e a lui non risulterebbe nessuna iscrizione sul registro degli indagati.
L’interessato, nel pomeriggio, ha inviato una dichiarazione scritta al quotidiano. “Con riferimento alle notizie pubblicate oggi su ‘Il Fatto Quotidiano’ chiedo venga precisato, ai sensi della legge sulla stampa, che non mi è stato mai notificato alcun atto giudiziario dal quale risulti una mia pretesa posizione di inquisito”.“Sono stato sentito nella diversa veste di ‘persona informata dei fatti’ – si difende ancora Bruno in una nota – Ho dato incarico ad un legale di mia fiducia per la tutela della mia reputazione nelle sedi giudiziarie”, conclude.
Nonostante l’indiscrezione, Forza Italia continua a puntare su Bruno. “Confermiamo con convinzione e determinazione l’indicazione data già nei giorni scorsi da Forza Italia – affermano in una dichiarazione congiunta i capigruppo di Fi di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani – il collega e amico Donato Bruno resta il nostro candidato alla Corte costituzionale”.