Aleppo, la città fantasma
Interi quartieri sono ormai deserti. Gran parte dei cristiani sono fuggiti via. Gli scontri tra governativi e ribelli scandiascono le giornate. Quando la guerra civile che si combatte in Siria da quattro anni è arrivata anche lì, la vita ad Aleppo è cambiata. Oggi nulla è più come prima.
Il settimanale tedesco Der Spiegel ha dedicato un lungo reportage alla città di Aleppo: una città fantasma. È una città fatta di carcasse, lamiere metalliche ed edifici sventrati. È una città dove nel silenzio si odono in lontananza il suono dei colpi di arma da fuoco. I cecchini sparano. I ribelli lanciano granate e proiettili incendiari. Gli elicotteri militari sorvolano Aleppo e sganciano le loro bombe di solito sempre alla stessa ora: la mattina e il pomeriggio.
Il conflitto tra i ribelli e le forze fedeli ad Assad è arrivato nel luglio del 2012 abbattendosi sulla città come un’onda. Oggi la città è divisa in due: i ribelli nella parte est, i governatici in quella ovest.
Aleppo non è sempre stata così. È una delle più antiche al mondo. Tracce del suo passato si rintracciano negli archivi degli Ittiti. Si trovava lungo la via di passaggio che collegava il Mediterraneo alle terre orientali. Vi abitavano arabi, armeni, curdi, turchi. È la più grande area metropolitana della Siria.
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Erano circa 200.000 i cristiani che vivevano nella città: più della metà è fuggita via perché oggi Aleppo è ormai protagonista di una storia diversa. Dopo mesi e mesi di combattimenti feroci, gli scontri in città sono diminuiti come diminuito è il numero delle vittime. Ma la guerra è sempre lì. Si combatte tra le macerie, tra i muri crollati, nelle case disabitate ma senza che nessuna delle due fazioni riesca a ottenere vantaggi significativi. “La linea del fronte è congelata e nessuno dei due schieramenti si muove. I locali lo chiamano il fronte freddo” ha scritto il Der Spiegel.
Gran parte della popolazione che viveva nella Aleppo orientale è fuggita via nel corso del 2013, quando i combattimenti si sono fatti più aspri e i bombardamenti delle forze governative più duri. Rimangono nella zona est tra le 200.000 e le 300.000 persone. Circa il 90 per cento degli abitanti se ne è andata. Rimane chi non vuole fare le valigie e chi non ha i mezzi per poterselo permettere. I ribelli che combattono tra le rovine dei quartieri sono organizzati in gruppetti. Esistono servizi d’ordine che hanno lo scopo di pattugliare i quartieri, arrestare i ladri, prevenire le infiltrazioni. Volontari scendono per le strade dopo i bombardamenti per dare soccorso ai feriti e recuperare i cadaveri.
Se la parte a est è stata praticamente abbandonata, in quella a ovest vivono circa due milioni di persone. È la zona controllata dal regime di Assad, questa, ma la vita non è meno dura. Ribelli e governatici devono in pratica spartirsi l’energia elettrica, ma la popolazione ammassata nel lato occidentale ha una richiesta d’energia assai superiore rispetto a quella orientale: ed è una richiesta difficile da sostenere. La corrente elettrica spesso salta in interi quartieri. Scarseggia anche l’acqua, che in alcune zone di Aleppo può mancare per settimane. Ma in città pure i medici e gli infermieri sono ormai insufficienti.
La città è divisa e spesso lo sono anche le famiglie. “Quasi ogni abitante ha un conoscente o un familiare dall’altra parte” ha raccontato il Der Spiegel: “Ci sono addirittura agenzie che organizzano viaggi da Aleppo ad Aleppo. Il viaggio, 600 metri in linea d’aria, richiede dodici ore e si snoda attraverso la Siria settentrionale”. Chi è sulla lista nera delle persone ricercate dal regime di Assad non può permettersi di affrontare il viaggio. Gli altri lo fanno. E sono moltissimi.