Francia: il Senato svolta a destra, primi eletti per Marine Le Pen
Da Parigi – Il Senato di Francia svolta a destra. Domenica 28 settembre si sono svolte le elezioni per il rinnovo di 179 membri su 348 della Camera Alta della République: i risultati dello scrutinio hanno sorriso al centrodestra, che torna così a controllare la maggioranza dei seggi al Palais de Luxembourg dopo tre anni.
Tale è infatti la cadenza temporale in vigore per l’elezione di metà del corpo senatoriale in Francia, i cui candidati (che conservano la carica per 6 anni) sono sottoposti al vaglio di un voto che non rispecchia la sovranità popolare a suffragio universale, ma è espressione della scelta di quasi 90 mila ‘Grandi Elettori’: sindaci e delegati dei consigli municipali, consiglieri generali, consiglieri regionali, per non dimenticare gli stessi parlamentari.
Nel 2011 erano stati quindi la Gauche e il Partito Socialista, in piena crisi di popolarità dell’allora presidente Nicolas Sarkozy, a conquistare la supremazia tra i senatori per la prima volta nella storia della V Repubblica. Nel 2014, l’Union Pour un Mouvement Populaire (UMP) e i soggetti minori dell’area di centrodestra tornano a staccare i rivali al governo ottenendo tra 13 e 15 seggi in più della maggioranza assoluta (175).
La vittoria dell’opposizione era nell’aria, alla luce del successo Ump del marzo scorso in occasione delle Elezioni Municipali, con il presidente François Hollande in seguito costretto all’avvicendamento Ayrault-Valls alla guida dell’esecutivo. I rapporti di forza stabilitisi sei mesi fa si sono dunque riproiettati sul voto per i senatori, con i post-gollisti che (secondo le stime effettuate da Le Monde) guadagnerebbero 23 seggi rispetto all’ultima tornata elettorale (a fronte di 11 persi), tornando a comandare l’assemblea a quota 145 rappresentanti.
Il Partito Socialista diventa seconda forza con 112 senatori, costretto a cedere 24 seggi rispetto al 2011. A parte gli ambientalisti di Europe Ecologie Les Verts, che escono dalla votazione con un saldo invariato (confermati i 10 seggi), le sinistre subiscono una battuta d’arresto anche sul fronte massimalista, con il Partito Comunista che passa da 21 a 18 esponenti. Escono rafforzati i centristi dell’UDI (Union des Démocratiques et des Indépendants), la cui pattuglia al Senato sale a 38 (+7), ma la vera novità riguarda come sempre il Front National.
Il partito di Marine Le Pen riesce infatti ad eleggere, per la prima volta nella V Repubblica, due suoi rappresentanti presso la Camera Alta in Francia. Si tratta di Stéphane Ravier, a capo degli arrondissements n.13 e 14 a Marsiglia (dipartimento Bouches du Rhone), e del giovanissimo David Rachline, a 26 anni già sindaco di Fréjus (Var).
La chiave di lettura del ‘battesimo’ in Senato per i populisti, così come per tutta la destra francese, risiede nel precedente exploit alle amministrative di marzo (terreno tradizionalmente ostico per il FN), quando la vague Bleu Marine riuscì a travolgere numerosi comuni come Hénin-Beaumont, Béziers e, appunto, Fréjus.
La cartina di tornasole del flop socialista in Francia è proprio l’esito del voto a Marsiglia e dintorni, dove si era peraltro consumata la spaccatura tra la dirigenza del partito e il ‘Ras’ di zona Jean-Noel Guérini, indagato per associazione a delinquere ma comunque capace di portare a casa tre seggi con il suo gruppo di dissidenti: gli stessi, guarda caso, persi dal PS.
Ancora una volta è Marine Le Pen a fregarsi le mani dopo l’ennesima avanzata elettorale: “Abbiamo appena forzato la porta dell’ultima assemblea dove le idee patriottiche non erano rappresentate. E’ la prima volta nella storia del Front National e, in maniera molto simbolica, facciamo eleggere il più giovane senatore dopo aver fatto eleggere la più giovane deputata (Marion Maréchal-Le Pen, nipote della leader frontista entrata in Assemblea Nazionale dopo le legislative 2012 ndr)”.
In casa Ump, se il vecchio leader tornato in sella Nicolas Sarkozy tarda nel proferire dichiarazioni, ci pensa Alain Juppé (suo avversario virtuale alla guida del partito) a commentare la riconquista del Senato, parlando di “Fallimento supplementare per il governo” e lanciando un monito: “Faccio appello perché si continui la lotta contro il Front National”.
Tra i circa 190 senatori appannaggio delle destre, infatti, potrebbero ritagliarsi un ruolo fondamentale i 38-40 uomini dell’UDI di Yves Jego, gettando le basi per una possibile coalizione tra centristi e post-gollisti tanto cara al sindaco di Bordeaux. Quanto al Partito Socialista, il primo segretario Jean-Christophe Cambadélis minimizza la portata dei risultati: “Non c’è nessuna ‘vague bleu’. La sinistra resiste meglio del previsto all’effetto meccanico dell’esito delle Municipali”. I Verdi, vecchi alleati di Hollande e compagni, sono però di tutt’altro avviso: “Il governo deve cambiare direzione”.
I primi effetti del cambio di colore politico in Senato si produrranno in primis sul piano più prettamente istituzionale, con l’ipotizzato avvicendamento alla presidenza tra il socialista Jean-Pierre Bell e l’ex primo ministro Jean-Pierre Raffarin. Dal punto di vista politico, nonostante la preminenza di poteri dell’Assemblea Nazionale (la Camera eletta a suffragio universale), un Senato di opposto orientamento darebbe luogo a un iter legislativo comunque più difficoltoso: come rileva Le Figaro, infatti, la Costituzione francese (art.45) conferisce sì l’ultima parola all’Assemblea Nazionale sull’adozione delle leggi, ma prevede una commissione mista paritetica tra le due camere per sbrogliare eventuali impasse. Senza contare la facoltà, in dote al Palazzo del Lussemburgo, di gestire l’ordine del giorno o la quasi impossibilità di trovare un accordo tra i due rami parlamentari sulle grandi riforme.
A proposito di modifiche costituzionali, queste elezioni in Francia sono state anche lo spunto di discussione per una rivisitazione del meccanismo di scelta dei senatori, quand’anche addirittura per l’abolizione tout court dell’assemblea. Il dibattito è stato rilanciato sul canale all news BMFTV dal socialista Alexis Bachelay, esponente di spicco di questa frangia “riformista” e fautore dell’estensione del suffragio universale diretto, con scrutinio proporzionale, alla Camera Alta. Mentre permangono dubbi tra i costituzionalisti, che vedono nella proposta un’alterazione del tradizionale bicameralismo imperfetto francese, le prime aperture sembrano giungere dagli avversari politici. Lo stesso Alain Juppé, in un tweet criptico, ha così affermato: “Il proporzionale con ripartizione dei resti alla media più alta… certamente incontestabile”.
Immagine in evidenza: photo by Alfie Ianni – CC BY 2.0
Niccolò Inches
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