Fiducia su Jobs Act, Renzi: “Nessun agguato dal Pd”. Bersani conferma: “Saremo leali”

Pubblicato il 7 Ottobre 2014 alle 09:40 Autore: Alessandro Genovesi

Il Paese ha bisogno di un clima di fiducia”. Così ha esordito il premier Matteo Renzi stamane nell’incontro con i sindacati sulle riforme. Ieri la minoranza del Pd ha lanciato al segretario-premier chiari messaggi per spiegare che a fronte dell’ipotesi di fiducia del Governo sul provvedimento della riforma del lavoro c’è il rischio di “conseguenze politiche”.

L’incontro si è aperto con un’introduzione del premier per ‘perimetrare’ i tre punti di confronto con i sindacati, oltre ad art.18 a tfr: salario minimo, rappresentanza sindacale e contrattazione decentrata. L’intervento, riferiscono fonti governative, è durato otto minuti, poi hanno preso la parola le parti sociali: primo a intervenire il segretario della Uil Luigi Angeletti, poi Annamaria Furlan, segretario generale aggiunto della Cisl. Il premier Matteo Renzi vedrà di nuovo i sindacati il prossimo 27 Ottobre.

RENZI- Molti i punti toccati dal premier nel corso del vertice, in primis gli 80 euro:  “Il bonus fiscale ai lavoratori dipendenti (i cosiddetti 80 euro) sarà strutturale a partire dal 2015” ha dichiarato, aggiungendo che si stanno studiando le modalità tecniche per l’operazione.

E’ arrivato anche l’attacco alle forze sindacali: “Non voglio dividere il sindacato, il sindacato fa il sindacato. In questa crisi però vi sono responsabilità anche di chi rappresenta il mondo del lavoro”, ha detto il premier. Parlando di evasione fiscale, il segretario Pd ha ribadito come “l’evasione va combattuta non con gli show ma attraverso l’incrocio delle banche dati”. Sull’articolo 18: “La tutela del reintegro previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i licenziamenti ingiustificati resterà per quelli discriminatori ma anche per i disciplinari “previa specifica delle fattispecie”.

Nella conferenza stampa del dopo vertice, il premier non pare preoccupato da chi contesta la riforma: “Che ci sia qualcuno con una opinione negativa è un bene, e dimostra la democrazia e il rispetto delle opinioni altrui”. “Siamo assolutamente disponibili alle opinioni di chiunque, l’importante è che si vada avanti, miglioriamo se c’è da migliorare, ma il Paese deve cambiare e non ci faremo bloccare da veti o opinioni negative”.  L’intenzione di Renzi è di presentarsi, domani a Milano, con un primo via libera durante la conferenza stampa congiunta con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande, al termine del vertice europeo sul lavor

UE E GERMANIA – Da Berlino già arriva un sostegno alla riforma. E una precisazione: “Non c’è conflitto con Roma sulla crescita”. Positivo anche il giudizio di Olivier Blanchard, capo economista del Fmi: “Mi piace lo spirito della riforma del lavoro” italiana, la “dualità del mercato è un grande problema, crea due classi di cittadini e questo non è desiderabile. The unique contract, il contratto unico è la strada da seguire”.

LE REAZIONI DEI SINDACATI – “L’unica vera novità dell’incontro di oggi è che ci saranno altri incontri. Le altre sono cose note”. Ha esordito il leader della Cgil, Susanna Camusso al termine dell’incontro dei sindacati con Renzi sottolineando che questo è il primo incontro nei primi sette mesi di questo Governo. Per il resto, la Cgil conferma il “giudizio negativo del modo in cui si sta ponendo l’intervento sul lavoro” e conferma “la necessità della manifestazione del 25 ottobre”. Secondo la Camusso, il presidente del Consiglio ha ripetuto cose “che non determinano un cambiamento della valutazione che la Cgil” sulle scelte fatte e sul jobs act. Si registra solo “una disponibilità del premier a discutere del tema della rappresentanza ma per tutto il resto – ha sottolineato – non abbiamo registrato una disponibilità”. Camusso ha ribadito il totale dissenso sulle modifiche all’articolo 18″.

camusso susanna

Critiche arrivano anche da Luigi Angeletti, numero uno della Uil: “L’idea che si possa cambiare il nostro Paese a colpi di fiducia o di leggi delega comincia a mostrare la corda, questa è la vera lettura che si deve dare a… questo inizio? Ci si rende conto che da soli, governo e maggioranza, non si riesce ad imprimere queste svolte”. “Comincia ad esserci la percezione -aggiunge Angeletti- che la quantità e lo spessore dei problemi occupazionali, delle crisi aziendali e delle difficoltà di rimettere in moto la nostra economia, sono tanti da non poter essere risolti neanche dallo spirito rivoluzionario del governo. Per fare qualche riforma non bisogna pattegggiare tutto, ma verificare che nel Paese ci sono organizzazioni che rappresentano lavoratori, pensionati, industriali; si metta a verifica la loro capacità di fare cambiamenti”.

La strategia comune dei sindacati si fermo però qui, visto che Cisl e Uil non saranno in piazza con la Cgil il 25 ottobre. Lo confermano al termine dell’incontro con il governo. “Su fisco, sviluppo e tasse locali la Cisl ha indetto manifestazioni sui territori – spiega Annamaria Furlan – È una battaglia a tutto tondo. Il 18 nelle piazze incontreremo lavoratori, pensionati, disoccupati”.

 

IL GOVERNO – All’interno del governo, prende la parole il leader di Ncd e ministro degli Interni Angelino Alfano. Bisogna precisare quali siano “i casi in cui un licenziamento si possa considerare disciplinare” o viene meno “grande parte del significato della eliminazione dell’art. 18” perché se si lascia così “il giudice potrà fare quello che vuole”. Sulla fiducia, Alfano si dice d’accordo: “Il Jobs Act è un atto che dà l’imprinting riformista, anche di un certo riformismo spinto al Governo, e quindi è uno di quei temi per cui il Governo o va avanti perchè ottiene la fiducia o casca perché non la ottiene”.

PD VICINO ALLA ROTTURA –  Da parte del governo “c’è stata un’apertura rispetto alle proposte fatte nella direzione del Pd. Proprio Renzi in quell’occasione ci aveva dato rassicurazioni”. La senatrice del Pd Laura Puppato, intervistata dal Mattino, parla del confronto interno ai Dem sul Jobs Act. “Dovrebbero essere stati recepiti alcuni rilievi avanzati in Direzione: in particolare riguardo alla possibilità di rendere più sostenibile per le imprese il contratto a tempo indeterminato e alla proposta di prevedere una rappresentanza dei lavoratori nei Cda delle imprese”. Le critiche della Cgil circa questa proposta? “La Camusso subito si è affrettata a dire che l’idea non può essere considerata compensativa rispetto alla riduzione dell’art. 18. Ma non è così. È evidente che una svolta del genere varrebbe mille volte l’Articolo 18. Sarebbe una rivoluzione”.

Pierluigi Bersani getta acqua sul fuoco e assicura la fiducia. “Sulla riforma del lavoro si rischia di perdere una grande occasione ma raccomando responsabilità e lealtà nel dissenso, anche di fronte a una forzatura come il voto di fiducia. La fiducia non può essere in discussione“. L’ex segretario del Pd rileva che “la sera della Direzione potevamo andare tutti al cinema”, visto che le aperture non sono state tradotte in proposte da portare al Parlamento. Nemmeno l’ipotesi di allargare il reintegro ai casi di licenziamento per motivi disciplinari: “Non mi sembra che rientri nella fiducia, non piace a Sacconi…”.

Molto dura invece la posizione di Pippi Civati, che addirittura rivolge un appello a Giorgio Napolitano. “Signor Presidente, la fiducia sul Jobs act “perpetra una prassi deprecabile” su una materia “delicata”, scrive Civati. “La questione mi preoccupa in particolare oggi che la questione di fiducia viene posta su un disegno di legge delega, per il quale l’articolo 72 della Costituzione, disponendo una riserva di assemblea, intende assicurare la più ampia discussione, e che, spostando il potere normativo dal Parlamento al Governo, deve lasciare il primo pienamente libero di stabilire se e in quali termini farlo”.

“La preoccupazione cresce, naturalmente, in considerazione della materia – quella della disciplina dei rapporti di lavoro – così delicata, da un punto di vista sociale, tanto più in un momento di grave crisi economica come quella che il nostro Paese sta attraversando ininterrottamente da anni. Una materia che, anche rispetto all’impostazione di massima già contenuta in una delega di cui è stata più volte sottolineata l’eccessiva vaghezza, ha già visto emergere posizioni molto distanti tra le forze sociali e politiche e che per questo avrebbe richiesto, a mio avviso, una adeguata composizione nel dibattito parlamentare, che non può essere sempre vissuto con fastidio o come un mero allungamento dei tempi della decisione politica”, osserva il deputato Pd.

PrimariePd, le parole degli sconfitti Cuperlo e Civati

Civati ne ha anche per la componente bersaniana, che ha annunciato di votare la fiducia: ” D’Attorre dice una cosa clamorosa, pensando allo stato interno del Pd. Cioè dice che lui e l’ala bersaniana del Pd voterà sì solo per non far cadere il governo”. Lo afferma al programma ‘Effetto Notte le notizie in 60 minutì, su Radio24, il deputato Pd Pippo Civati. “Questo significa che non condividono nè le modalità nè il merito di quello che Renzi sta proponendo. Non è solo un segnale di debolezza, ma dal punto di vista del governo e della qualità dei nostri provvedimenti è un atto scellerato, non ho altro modo per definirlo”.

Duro anche il senatore Corradino Mineo: “”Mi alzerei domani e voterei no alla fiducia . Direi a Renzi” che “lo spettacolo è finito, non sei alla ‘Ruota della Fortuna’, gli italiani, i lavoratori meritano rispetto. Abbiamo chiesto a Renzi di dire la verità – cosa che non sta facendo – sulla riforma del lavoro. Quanti sono i soldi che si possono mettere sul Jobs Act? Qual è la vera partita sull’articolo 18?”.

Rimanendo nel centrosinistra, dice la sua sul tema anche il sindaco di Milano Giuliano Pisapia: “Si possono anche fare grandi manifestazioni, ma perdere la fiducia conquistata con anni di impegno e lotte è una sconfitta“. Così il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, intervistato da Repubblica, invita i sindacati a cambiare. “Io li difendo, ma denuncio in maniera costruttiva comportamenti che ritengo sbagliati”. “Sento il dovere di contrastare difese corporative o veri e propri privilegi. Negli ultimi anni c’è stata scarsa attenzione a chi non ha garanzie”. “Non capisco poi – continua il primo cittadino milanese – come ci si possa opporre a una legge sulla rappresentanza sindacale. Non è possibile che decisioni prese da una minoranza portino a crisi aziendali con conseguenze devastanti per tutti. È su questo, non sui diritti, che si deve cambiare”.

Pisapia difende poi l’articolo 18: “Cancellarlo vorrebbe dire cancellare uno strumento fondamentale per evitare licenziamenti ingiustificati“. Secondo il sindaco, l’articolo 18 “è uno scalpo che il centrodestra vuole per dimostrare che ha sconfitto un simbolo. Ma non è un simbolo, è una tutela doverosa in uno stato di diritto”. E alla domanda se il premier faccia bene a tirar dritto, Pisapia risponde: “Bisogna avere la forza di decidere, ma anche la volontà di confrontarsi con chi, a sinistra, la pensa diversamente”. “Più in generale, il Pd deve chiarire se questa maggioranza anomala è una prospettiva anche per il futuro o se è dovuta solo alla situazione dei numeri in parlamento”.

LE OPPOSIZIONI – Dure le parole che arrivano dalle opposizioni. Il Movimento 5 Stelle: “Il governo vuole porre la fiducia al Jobs Act per non discutere nel merito del provvedimento. Riteniamo che una riforma del lavoro così importante non possa essere approvata senza un adeguato esame in Aula”. “Il Movimento 5 Stelle -si legge in una nota- è disposto a ritirare la maggior parte dei suoi emendamenti – nonostante siano tutti nel merito – per permettere la discussione di quelli che ritiene imprescindibili. Il governo non ha più alibi: accetti la discussione o ammetta che il problema è la debolezza della maggioranza”, concludono i pentastellati.

Lega, Salvini "Nostri sindaci impugneranno forconi"

La Lega Nord attacca: “”Renzi è un cazzaro, non so in che altro modo dirlo anche se sono di fronte ai giornalisti stranieri. Il suo confronto con i sindacati è un teatrino”. Lo ha affermato il segretario Matteo Salvini, ospite della stampa estera in Italia per un confronto sui principali temi dell’attualità politica. “A Bruxelles dell’art. 18 e della modifica allo statuto dei lavoratori non interessa nulla. A Bruxelles interessa solo che l’Italia torni a correre”, ha aggiunto Salvini. “A queste riforme così importanti la maggioranza e il governo ci tengono così tanto che, questa mattina, al Senato sul jobs act è mancato per 4 volte di seguito il numero legale. Fanno gli annunci eclatanti in tv -ha concluso il segretario della Lega- ma poi a lavorare non ci vanno”. Salvini ne ha anche per i berlusconiani. “Se Forza Italia votasse la fiducia” sulla delega sul lavoro “il centrodestra non esisterebbe. Non è una fiducia ad un decreto ma al Governo. Un solo voto da parte di Forza Italia sarebbe un problema nel dialogo con la Lega Nord”.

Forza Italia che, però, sembra essere sulla stessa lunhezza d’onda del Carroccio. “Renzi fa il decisionista ma in realtà semina solo caos politico – attacca Gasparri -. La plurima mancanza del numero legale al Senato è frutto del congresso permanente che si svolge all’interno del Pd. Renzi decide ma il partito non lo segue. Peraltro vorrebbe frettolosamente mettere la fiducia su una delega – già questa scelta assolutamente discutibile – i cui contenuti non sono ancora noti. Una sorta di fiducia sulla persona a scatola chiusa”.

E il numero due del partito, Giovanni Toti, affida le proprie perplessità a un tweet.

 

Infine Sel, che con Vendola attacca la scelta della fiducia. “La fiducia è un atto grave ed è l’esibizione della paura di un confronto di merito, anche all’interno della sua stessa maggioranza”. “Credo che ogni volta procedere per colpi di acceleratore mettendo la museruola al dibattito, di fronte all’evocazione di passaggi epocali, sia veramente inquietante”. Parlando del sostegno di Forza Italia il leader di Sel evidenzia: “Forza Italia non porta solo un soccorso, ma porta un’anima ai provvedimenti del governo. Non c’è bisogno di mettere la fiducia. Sel ha presentato 350 emendamenti. Oggi ne ha ritirati 300 chiedendo un confronto di merito su pochi punti. Invece il governo ha bisogno di mettere la fiducia perchè non si fida della propria maggioranza, perchè ha paura del dibattito. Non si esce dal ‘900 per entrare in una nuova epoca luminosa – conclude Vendola – si esce dal ‘900 per entrare in un ‘800 2.0″.

L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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