Il Brasile verso il ballottaggio: Aécio Neves contro Dilma Rousseff
Dilma Rousseff da una parte, Aécio Neves (magari con i voti di Marina Silva) dall’altra. Nel Brasile che si avvicina al ballottaggio per le presidenziali del 26 ottobre, le forze in campo vanno schierando. Dilma Rousseff, presidente in carica e candidata del Partito dei Lavoratori, sfiderà Aécio Neves, del Partito della Social Democrazia Brasiliana.
Due i nomi in campo, ma è sul terzo che c’è grande attenzione: Marina Silva è uscita sconfitta ma i voti che ha preso al primo turno (e che potrebbero in larga parte andare ad Aécio Neves) saranno quasi certamente determinanti ai fini dell’elezione del nuovo presidente in Brasile.
Un sostanzioso travaso di voti dall’elettorato che ha scelto Marina Silva a quello che sceglierà Aécio Neves potrebbe dare i numeri necessari a spedire il candidato del Partito della Social Democrazia Brasiliana oltre quota cinquanta per cento, mettendo fine a dodici anni di presidenza del Partito dei Lavoratori.
Un cambio al vertice del Brasile non è un’ipotesi campata in aria. Secondo i sondaggi diffusi a metà settimana, Aécio Neves al momento può contare sul 46 per cento delle intenzioni di voto. Dilma Rousseff è al 44.
Al primo turno Aécio Neves ha raccolto un gruzzolo di voti sostanzioso: 33,6 per cento contro il 41,6 di Dilma Rousseff. Il vantaggio non è marginale e mette l’attuale presidente in posizione di vantaggio, ma l’esito della gara è ancora tutto da scrivere.
Il fatto è che se c’era equilibrio e incertezza alla vigilia del primo turno, la situazione è ancor più fluida adesso che si va verso il ballottaggio. Anche l’affluenza giocherà un ruolo importante.
Aécio Neves ha sin da subito cercato di costruire un ponte verso gli elettori che al primo turno hanno votato Marina Silva. Ha parlato di sé come il candidato del cambiamento (tema caro a Marina Silva) e ha sottolineato che i loro programmi hanno più in comune di quanto li divida. Inoltre si è detto pronto a portare nel suo programma di governo temi come l’innalzamento del salario minimo, niente rielezione negli incarichi pubblici, uno slancio all’agricoltura, le energie rinnovabili. Ma ideologicamente, anche Rousseff e Marina Silva hanno tanto in comune: dal punto di vista personale, però, tra le due donne non corre buon sangue.
La stragrande maggioranza della popolazione povera del Brasile ha votato per Dilma Rousseff contando sul mantenimento dei programmi di welfare. Ma nel paese serpeggia anche una voglia di cambiamento dettata soprattutto dalla paura per un’economia che ha rallentato. La popolazione al confine tra la povertà e la classe media (nella quale sono entrati anche molti dei brasiliani usciti dalla miseria proprio grazie al Partito dei Lavoratori) guarda al futuro con una certa preoccupazione e giudica con altrettanto sospetto le ricette economiche del presente.
Il mondo della finanza vorrebbe un cambio di rotta, a cominciare da un minore intervento dello stato nell’economia. È la promessa di Aécio Neves, che in campagna elettorale ha messo nei suoi obiettivi la riduzione dell’inflazione e una maggiore dinamicità per le aziende statali. Rousseff tiene dritto il timone della sua strategia elettorale: “Gli investitori non decidono l’esito delle elezioni” ha detto e ripetuto: “È il popolo a farlo”.
Immagine in evidenza: photo by Ana Perugini – CC BY 2.0