L’Isis e il terrorismo dei lupi solitari
Nelle ultime settimane, in diversi paesi occidentali le forze dell’ordine hanno fermato persone con l’accusa di terrorismo. È successo in Gran Bretagna, dove a inizio ottobre sono state arrestate quattro persone. È successo in Australia a metà settembre: una quindicina di arresti. A Ottawa, in Canada, la polizia è arrivata tardi: Michael Zehaf-Bibeau ha fatto in tempo a uccidere prima di essere ucciso a sua volta. A New York, un 32enne convertitosi all’Islam radicale ha aggredito con un’ascia due poliziotti.
La cronaca degli ultimi giorni riporta al centro dell’attenzione il pericolo rappresentato dai cosiddetti lupi solitari, persone spesso emarginate che condividono una visione radicale dell’islam ma che con i gruppi terroristici non hanno alcun legame.
Rispetto ad Al Qaeda, l’Isis ha concentrato i suoi sforzi nella conquista di territori tra Siria e Iraq. Quando gli Stati Uniti hanno incominciato a bombardare le postazioni dello Stato Islamico, l’Isis ha invocato la reazione dei simpatizzanti in Occidente.
Un mese fa, il portavoce dell’Isis, Abu Muhammad al-Adnani, ha tracciato la rotta: “Se non riuscite a trovare una bomba o un proiettile, usate la vostra auto e investiteli”. È quello che è accaduto in Canada, a Montreal, un paio di giorni prima della sparatoria di Ottawa: Martin Rouleau, canadese convertito all’Islam, ha preso la sua macchina e ha travolto due soldati, uccidendone uno.
Photo by Nick Allen – CC BY 2.0
Stabilire legami tra gli aggressori e l’Isis non è semplice perché spesso legami non ce ne sono. L’aggressore di New York, ad esempio, non ha connessione con gruppi terroristici stranieri ma ha mostrato in passato tendenze estremiste, ha informato la polizia: un profilo simile a quello di Michael Zehaf-Bibeau, che aveva espresso il desiderio di andare a combattere in Siria.
Rispetto al network del terrore guidato per anni da Osama Bin Laden, l’Isis sembra riuscire a parlare con più efficacia a quei lupi solitari. William McCants, studioso del mondo islamico al Brookings Institution, ha sottolineato al New York Times come l’Isis riesca a far breccia in ragazzi giovani, spesso emarginati, molto più di come Al Qaeda abbia tentato di fare per diversi anni.
Ma è anche un cambio di strategia: non più la costruzione di una rete globale del terrorismo, con finanziamenti e pianificazioni a ad alti livelli con l’obiettivo di progettare attacchi in grande stile, ma una sorta di terrorismo-fai-fa-te che produce azioni in scala ridotta, spesso condotte con armi facilmente reperibili. Come scritto da Fox News, l’Isis sembra aver trovato un modo molto economico per colpire l’Occidente.
Il Daily Beast ha sottolineato come negli ultimi anni l’azione di forze dell’ordine e intelligence abbia reso sempre più difficile mantenere collegamenti tra gruppi terroristici e cellule dormienti in paesi stranieri. L’Isis ha scelto di puntare sulla propaganda, sfruttando efficacemente internet e la televisione per lanciare i suoi inviti all’azione. Alcuni raccolgono l’invito.
Immagine in evidenza: photo by Oregon Department of Transportation – CC BY 2.0