Economia e Jobs Act, Renzi sfida la minoranza PD
Il pacchetto economico Renzi, costituito dal Jobs Act e dalla Legge di Stabilità, passerà. Ed a breve, pure. Il Governo, infatti, ha intenzione di porre la fiducia sull’iniziativa. La fiducia sembra essere l’unica possibilità per vincere le strenue resistenze interne, quelle della sinistra del Partito Democratico (Cuperlo, Fassina, Bersani e D’Alema, per intenderci). A fare sponda a costoro vi è la Cgil, nemica giurata dell’esecutivo presieduto dal rottamatore forentino.
Vi sono poi anche altri settori del Pd che intendono modificare le riforme del premier. Si parla di Francesco Boccia, ex competitor di Vendola alle primarie per la Regione puglia (2005 e 2010), che in Commissione Bilancio di Montecitorio ha stralciato circa 20 norme. “Temo di più l’atteggiamento di Boccia che di Fassina”, sostiene Michele Azaldi, noto renziano. Oppure Cesare Damiano, ex Ministro del Lavoro, che sostiene come sul Jobs Act “esistono troppe contraddizioni che vanno risolte”. I dem nel Governo cercano di serrare le fila dei parlamentari democratici riottosi. Primo fra tutti è il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che ha dichiarato che chi non ha votato il Jobs Act al Senato “ha messo in discussione i vincoli di relazione con il partito” (critica indirizzata agli ‘eretici’ civatiani, Mineo e Casson su tutti).
Le tensioni sono alimentate dal fatto che il presidente del Consiglio ricopre anche la carica di segretario del partito. E fra un paio di settimane si terrà la direzione nazionale: riuscirà in un così breve periodo a ricomporre le fila interne, dilaniate da una ferita mai sanata dall’autunno del 2013?