Cina e Giappone: spiragli di disgelo
Cina e Giappone torneranno a parlarsi dopo quasi 3 anni di tensioni. Xi Jingping, leader cinese, e Shinzo Abe, premier giapponese, terranno un faccia a faccia contestualmente al Forum per la cooperazione economica Asia Pacifico (Apec) della prossima settimana.
Un accordo di massima sulle proprie relazioni in queste ore è stato già raggiunto da Yang Yiechi, Consigliere di Stato cinese, e Shotaro Yachi, National Security Advisor giapponese. Le parti hanno riconosciuto di avere posizioni diverse sulle reciproche rivendicazioni territoriali ma hanno anche concordato sulla necessità di trovare un meccanismo per prevenire possibili tensioni e gestire eventuali crisi.
Le isole contese
Cina e Giappone avevano praticamente interrotto le relazioni diplomatiche a causa delle tensioni scoppiate per la questione della sovranità delle isole Senkaku/Diaoyu, grandi praticamente quanto degli scogli ma circondate da mari pescosi che ospitano importanti giacimenti di petrolio e di gas. La Cina le considera di sua proprietà per ragioni storico-geografiche, come tutto il Mar Cinese sud-orientale. Il Giappone, che al momento ne mantiene l’amministrazione, avanza le sue rivendicazioni in base a un contratto di vendita stipulato con un privato.
La Cina nel 2013 aveva prodotto un’istanza ufficiale di riconoscimento alle Nazioni Unite. Ancora prima, aveva delimitato il cielo sulle isole istituendo una zona di difesa aerea. Giappone e Usa avevano risposto facendo violare più volte ai propri Jet militari la linea imposta dai cinesi, venendo giudicati da Pechino “irresponsabili”.
Primo segnale a Milano
In Giappone il vertice Asem (Forum di Cooperazione Europa-Asia) di Milano è stato seguitissimo non per la stretta di mano tra il Presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Petro Poroschenko ma anche per quella, passata in sordina, tra Shinzo Abe e il premier cinese Li Keqiang. Un gesto altamente simbolico (tra l’altro Abe nei suoi 2 anni di governo ha visitato 49 paesi ma non la Cina) se si pensa che, poco tempo prima, la tensione tra i due paesi si era acuita a causa dell’offerta votiva inviata dal Premier nipponico al controverso tempio Yusukuni.
Questo è un simbolo per eccellenza del nazionalismo e dell’imperialismo giapponese. Al suo interno sono onorati anche 14 soldati giustiziati per crimini di guerra.