Renzi, avanti tutta con la politica dei due forni
Il voto comune di ieri di PD e M5S per eleggere Silvana Sciarra alla Corte Costituzionale e Alessio Zaccaria al Csm ha messo in campo un’opzione nuova per la politica italiana. Anche perché, contemporaneamente, il patto del Nazareno scricchiola. E non poco. E allora il premier Renzi potrebbe anche cercare qualche alternativa all’accordo con Forza Italia.
Anche perché i voti dei grillini in Parlamento sono anche numericamente più corposi e sembra che, almeno dalle prime reazioni, i grillini non abbiano disegnato più di tanto la ricerca di un terreno comune con i renziani.
Il vicepresidente della Camera e big pentastellato Luigi Di Maio si è infatti subito premurato di sottolineare come, se il PD tenesse il giusto atteggiamento, l’accordo potrebbe allargarsi anche per il nuovo presidente della Repubblica. Non giriamoci intorno: se veramente dem e M5S convergessero sul successore di Napolitano la cosa sarebbe enorme. E aprirebbe scenari molto suggestivi anche per le riforme istituzionali, che ora giacciono in Parlamento.
A Renzi preme soprattutto sbloccare la situazione legge elettorale: il premier vuole avere una pistola carica per minacciare gli alleati riottosi (inclusa la minoranza PD). Per questo gli serve una legge che, in caso di nuove elezioni, gli permetta di governare da solo (ad oggi la vittoria è scontata). Difficile che su questo progetto possano convergere i 5 Stelle, che, sul punto, avevano presentato un progetto abbastanza distante dal maggioritario Italicum.
Ad ogni buon conto, l’intesa PD-M5S ha mandato su tutte le furie gli alleati del Nuovo centrodestra. Maurizio Sacconi ieri è stato durissimo: “Inaccettabile la maggioranza spuria Pd-M5S. Ci dicano immediatamente se è un evento destinato a ripetersi sui vari temi in agenda, dai diritti civili alla legge elettorale. Se si ripeterà, sarà il segnale per noi che la maggioranza di governo non esiste più, con tutte le conseguenze del caso”.
“Se la maggioranza si divide su temi sensibili, è evidente che viene meno. Nel momento in cui deve affrontare riforme importanti, deve rivelarsi coesa. Altrimenti cade la maggioranza, è evidente – ribadisce Sacconi -. Non possiamo dividerci nemmeno su temi come le unioni civili. Sono temi che dobbiamo affrontare insieme, nel momento in cui sul lavoro non ci fosse la volontà di cambiamento e discontinuità, e la vedessimo contraddetta dagli atti di governo. Non sono possibili maggioranze variabili, nemmeno su temi istituzionali”.
Frasi categoriche, che fanno capire che gli alfaniani non gradiscono la politica dei due forni di andreottiana memoria. Eppure, dalle parti del Pd, sembra proprio che sia quella la strada imboccata.