Europee, Grillo: “il M5S abolirà il fiscal compact”
Sul blog di Beppe Grillo, per l’autorevole firma di Aldo Giannuli, si torna a parlare di Fiscal Compact cioè il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione Europea, firmato da 25 paesi il 2 marzo 2012.
Si tratta di un accordo europeo che prevede una serie di norme comuni e vincoli di natura economica che hanno come obiettivo il contenimento del debito pubblico nazionale di ciascun paese; nella pratica passerà alla storia come sinonimo di “austerità”.
Prevede, innanzitutto, l’inserimento del pareggio di bilancio (cioè un sostanziale equilibrio tra entrate e uscite) di ciascuno Stato in «disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale» (in Italia è stato inserito nella Costituzione con una modifica dell’articolo 81 approvata nell’aprile del 2012), inoltre, è stato inserito il vincolo dello 0,5 di deficit “strutturale” – quindi non legato a emergenze – rispetto al PIL, oltre all’obbligo di mantenere al massimo al 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL, già previsto dal Trattato di Maastricht del 1993 e, per i paesi con un rapporto tra debito e PIL superiore al 60 per cento previsto da Maastricht, l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo all’anno, per raggiungere quel rapporto considerato “sano” del 60 per cento.
Beppe Grillo da sempre critica il Fiscal Compact e ancora il 9 Marzo dichiarava: “il Fiscal Compact, che taglierebbe la spesa pubblica dai 40 ai 50 miliardi all’anno per vent’anni in mancanza di una fortissima crescita, del tutto impossibile, è irrealistico, consegnerebbe l’Italia alla miseria con tagli neppure immaginabili alla spesa sociale, dalla scuola alla sanità, e ucciderebbe ogni possibilità di ripresa”.
Adesso, Giannuli, gli fa eco e approfondisce l’analisi dell’” accordo intergovernativo del 2012 meglio noto come accordo del “Fiscal Compact”, che determinava l’introduzione del pareggio di bilancio obbligatorio e l’obbligo di chiedere l’autorizzazione delle Camere in caso di deviazione dall’obiettivo”.
“La prima modifica fu quella dell’articolo 97, nel quale venne introdotto un brevissimo comma iniziale” – dice Giannuli – il quale “in buona sostanza dice che le decisioni delle pubbliche amministrazioni, ed ovviamente in particolare in materia fiscale, sono subordinate ai dettami UE e, qualora il responsabile di una di esse (di qualsiasi livello) dovesse decidere in modo difforme, potrebbe anche vedersi chiamato dalla Corte dei Conti a rispondere di danno erariale”.
“Il richiamo alla UE è poi ribadito da un inciso nell’art 117 ed un altro nel 119. Da questo poi scaturì la legge applicativa 24 dicembre 2012 n 243 che rende esecutive le norme fissate a partire dal 2014 – è sempre Giannuli che parla – tutto questo è da inquadrare nella modifica dell’articolo 81 (Costituzione) che “nella stesura originaria si limitava a prevedere, nell’ultimo comma, l’obbligo di copertura di ogni ulteriore legge di spesa oltre il bilancio annuale. Peraltro, questo obbligo nei fatti non fu mai osservato troppo scrupolosamente”.
Dopo le modifiche al suddetto articolo, quest’ultimo è diventato il “catenaccio” che impedisce di aggirare il disavanzo, quindi, anche “se il Governo volesse “sforare” i limiti fissati, non potrebbe farlo contro le indicazioni Ue, perché basterebbe un intervento della Corte dei Conti a bloccare tutto, ma se anche la Ue ( o la Merkel, per essa), in un accesso di benevolenza, autorizzasse l’Italia a discostarsi dai limiti concordati, così come Renzi ha chiesto vanamente nella sua visita berlinese, ugualmente il Governo non potrebbero far nulla, perché a legargli le mani resterebbero le procedure costituzionali”.
“Di fatto si tratta di un combinato di norme assolutamente micidiale che vincola la politica economica del nostro paese alle decisioni Ue ed il punto più pesante (di cui in questa campagna elettorale proprio non si sta parlando nemmeno per cenni) è quello che riguarda il rientro del debito”: per il M5S, in vista delle Elezioni Europee, la parola d’ordine sarà dunque “eliminare quelle modifiche costituzionali volute da un governo al servizio dei poteri forti stranieri”.
Guglielmo Sano