Elezioni Israele: Netanyahu spinge per il voto anticipato
Benjamin Netanyahu ha deciso: in Israele si andrà al voto due anni prima del previsto. A determinare la scelta del premier sarebbe stato un “complotto” ordito nei suoi confronti da alcuni membri del governo. Gli imputati sono la ministra Tzipi Livni, titolare del dicastero della Giustizia, e Yair Lapid, al vertice di quello delle Finanze. Entrambi sono stati costretti a lasciare i propri incarichi.
Divergenze sull’identità ebraica
Le tensioni sono esplose ieri, in seno alla votazione affrontata dai membri del governo sulla legge che definisce Israele “Stato della nazione ebraica”. I ministri dei partiti laici hanno votato contro, anche a causa del rifiuto da parte del premier di approvare una legge che prevedeva sgravi fiscali sulla prima casa. Netanyahu, in seguito, ha chiesto ai membri del suo governo di ritirare la propria opposizione alla legge sull’identità ebraica. Una sorta di ultimatum che, secondo i ministri ribelli, serviva a forzare la rottura e, quindi, l’annuncio di elezioni anticipate.
La dicitura di “Stato ebraico” è già presente nella dichiarazione di indipendenza del 1948. Tuttavia, spinto dai settori ultra ortodossi prevalenti nel suo elettorato, Netanyahu ha deciso di inserirla anche nella costituzione per “mandare un chiaro segnale ai nemici del paese”. Per questo motivo Lapid l’ha definito un “irresponsabile” che preferisce accontentare una parte minoritaria del paese per sopravvivere politicamente, piuttosto che portare avanti i negoziati con i palestinesi facendo gli interessi della maggioranza degli israeliani. La ministra Livni, invece, ha dichiarato che Netanyahu “mette l’uno contro l’altro gli abitanti di Israele”: le prossime elezioni servirebbero dunque a sostituire “un governo estremista, provocatore e paranoico”.
Le elezioni di marzo
Molto probabilmente le elezioni per la Knesset si terranno il 17 marzo, primo momento utile per la legge elettorale israeliana. Anche se Netanyahu finora ha escluso quest’evenienza, si ritiene plausibile la formazione di un blocco di destra che lo veda come candidato alla carica di primo ministro. Secondo l’opposizione laburista e laico-moderata, l’attuale premier vuole formare una coalizione che gli permetta di portare avanti la sua politica aggressiva nei confronti dell’Iran e di continuare la costruzione di unità abitative a Gerusalemme Est, territorio sotto il controllo dell’autorità palestinese.
Gli ultimi sondaggi vedono il Likud, partito di destra con a capo proprio Netanyahu, in testa: oggi prenderebbe 22 seggi. Immediatamente dietro il partito del primo ministro c’è il partito di estrema destra “Casa Ebraica” con 17 seggi.