Femminicidio: omicidi di donne stabili in valore assoluto ma rimangono tra i livelli più bassi d’Europa
Il femminicidio è diventato, negli ultimi anni, uno degli argomenti più lanciati sui media, più discussi, uno degli allarmi che periodicamente fanno la propria comparsa e, partendo da un fondo di verità, occupano uno spazio mediatico e divengono uno strumento per fare dibattito.
In valore assoluto il fenomeno negli ultimi anni è oscillato attorno alle stesse cifre o è diminuito. Il ministro Alfano a fine novembre ha annunciato che negli ultimi 12 mesi vi sono stati 152 omicidi di donne, l’8% in meno dei 12 mesi precedenti. In un contesto che ha visto gli omicidi totali a 452, il 13% in meno.
In generale, la differenza con gli omicidi di uomini è che mentre in questo caso vi è stato un calo costante, nel caso delle donne vi sono state oscillazioni. Per esempio, gli omicidi di donne erano stati 131 nel 2010, quindi un aumento vi era stato, ma era stato un ritorno a valori precedenti, come i 162 del 2006 o i 186 del 1992.
Se guardiamo al tasso sugli abitanti, nel corso degli anni 2000 siamo rimasti a un livello intorno allo 0,5 per 100 mila abitanti, a confronto a una media europea in calo, come vediamo dal seguente grafico dei Noisefromamerika.
Anche qui, si può capire facilmente cosa ha creato allarme mediaticamente: se di fronte a un calo del fenomeno generale questo rimane stabile per le donne, vuol dire che la proporzione di donne uccise sul totale sale.
Tuttavia non possiamo essere esentati dal vedere le cifre in modo razionale: l’omicidio di donne in Italia, il femminicidio, è a livelli tra i più bassi in Europa, e ovviamente al mondo.
Vediamo i tassi di omicidio negli ultimi anni disponibili, intorno al 2012, in Europa:
L’Italia con 0,9 omicidi ogni 100 mila abitanti si piazza tra quei Paesi con un tasso tra i più bassi al mondo, chi ha un tasso ancora minore si differenzia per pochi decimali in realtà, molto distanti da quei Paesi dell’Est con valori simili a quelli nordamericani o asiatici.
Più interessante osservare in quali Paesi la quota di donne tra le vittime, ovvero il femminicidio, sia più alta:
Come è facile immaginare, in diversi Paesi in cui gli omicidi sono molto pochi la percentuale di donne uccise sul totale è maggiore, proprio perché si tratta di un tasso di omicidi totali ormai fisiologico in una società, sotto il quale sarà difficile andare e non vi sono ragioni come la criminalità organizzata o l’alcolismo che altrove allo stesso tempo aumentano di molto il tasso di omicidi ma lo rendono anche un fenomeno prettamente maschile.
Tra i pochi Paesi che fanno da eccezione allo schema c’è l’Italia, in cui non solo il tasso di omicidi è molto basso, ma ridotta, intorno al 25%, è anche la quota di donne. Che tuttavia, è stato già detto, è salita rispetto ai tempi in cui le guerre di mafia mietevano vittime, soprattutto maschili.
Così si può formare la statistica finale che indica quante donne ogni 100 mila abitanti vengono uccise in Italia e in Europa:
In Italia sono uccise 0,24 donne ogni 100 mila abitanti, quindi in ulteriore diminuzione rispetto alle statistiche degli anni 2000. Meno che in Inghilterra, Germania e ovviamente di tutti i Paesi dell’Est. Solo in Svezia, Irlanda e Grecia c’è un tasso più basso.
Ovviamente, quando si raggiungono livelli così bassi e fisiologici non sono più possibili grossi cali e come avviene con altre grandezze – come la mortalità infantile per esempio – sono possibili solo piccole oscillazioni, spesso anche verso l’alto, al contrario di quello che può accadere in un Paese dell’Est in cui vi è ampio margine di discesa.
Quello che però va sottolineato è che non possiamo, di fronte a questi dati, parlare di emergenza femminicidio. Se da un lato i media possono essere compresi nell’intenzione di fare notizia, in realtà dal punto di vista sociale la paura ha un costo. Se le donne in Italia rinunciano a uscire da sole, fare spostamenti per lavoro, turismo o motivi familiari, per esempio la sera, sono meno propense anche nell’accettare un lavoro fuori sede, per timore per la propria sicurezza, il danno economico e sociale per aziende, turismo e famiglie è reale.
Il “non si può uscire la sera da sole” non è solo un luogo comune che sarebbe bello smentire, per amore di verità e dell’uguaglianza tra uomini e donne, ma anche per lo sviluppo del Paese in questi anni di crisi.