Prodi va a Palazzo Chigi da Renzi: prende corpo l’ipotesi Quirinale?
La notizia è trapelata in mattinata. L’ex premier Romano Prodi, l’inventore dell’Ulivo – e quindi del Partito democratico – a Palazzo Chigi a colloquio con il suo ultimo epigono, Matteo Renzi. Le ragioni dell’incontro, in programma nei prossimi giorni (sicuramente prima delle festività natalizie), destano numerosi interrogativi tra gli addetti ai lavori.
Il primo pensiero va, ovviamente, alla questione Quirinale: nei primi mesi del 2015, presumibilmente già a gennaio, Giorgio Napolitano rassegnerà le dimissioni dal Colle, aprendo quindi una partita di massima importanza per le sorti del governo e dello stesso PD che, in quanto partito di maggioranza relativa, si troverà nella condizione di dover proporre un nome. E quello del Professore è tornato a circolare con insistenza nelle ultime settimane.
Si tratterebbe, sulla carta, di un profilo in grado di unire le varie anime del partito, sia la minoranza di sinistra sia i renziani. Eppure i motivi di perplessità per questa scelta sono molteplici. Tanto per cominciare i gruppi parlamentari: rispetto all’aprile del 2013 nulla è cambiato in questo senso. I 101 del PD che impallinarono il Prof. siedono ancora tutti sulle proprie poltrone, protetti dall’anonimato. E nessuno garantisce che lo scherzetto non possa ripetersi. Magari anche solo per fare un dispetto allo stesso Renzi.
Ma la tenuta del PD è solo uno dei tanti aspetti che non vanno nel senso di favorire l’ascesa dell’ex premier al colle più alto. Il Nuovo centrodestra, fondamentale alleato dei dem per il governo, difficilmente voterebbe quello che per 20 anni è stato il principale avversario. Altrettanto farebbe Forza Italia, i cui parlamentari, piuttosto che mandare al Quirinale la nemesi del loro capo supremo Silvio Berlusconi (sconfitto due volte su due dal Prof.) si taglierebbero una mano. Anzi, una votazione di Prodi come successore di Napolitano farebbe probabilmente venir meno il patto del Nazareno: solo ieri Berlusconi ha dichiarato che, in un’intesa di quel tipo, “è logico ricomprendere anche il presidente della Repubblica”. Insomma, gli azzurri l’hanno fatto capire a chiare lettere: Prodi per loro è la scelta peggiore. A poco servono le smentite di circostanza di Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. Lo stesso discorso può essere fatto per la Lega Nord, da sempre durissima per la scelta pro euro fatta dal leader dell’Ulivo negli anni ’90.
Cosa resta allora? I parlamentari di SEL potrebbero votare sì, analogamente a quanto accadde nel 2013. Lo stesso potrebbero fare in parte i centristi di Scelta Civica e dei Popolari per l’Italia, anche se l’imminente fusione coi gruppi di NCD non è un bel segnale. Il Movimento 5 Stelle, infine, continua ad essere un rebus. È risaputo come una parte dei parlamentari grillini nutra una certa stima verso Prodi (il cui nome comparve già nella lista per le quirinarie) ma da qui a convergere sul suo nome per una futura elezione ce ne vuole.