Corruzione: l’allarme della Confindustria, è a causa sua che non cresciamo
Mafia capitale o Mani pulite, P3 o i furbetti del quartierino, la vita pubblica italiana è attraversata periodicamente dall’emergere della punta dell’iceberg di enormi apparati corruttivi, che impressionano e occupano il sistema mediatico per essere posi sotituiti da altri, ma che sono solo l’espressione superficiale di un sistema carsico di corruzione ininterrotto e che ormai costituisce la cifra del sistema Italia.
Che non si tratti solo di un vulnus a livello di immagine, o alla morale pubblica, o a singoli soggetti o comunità particolarmente colpiti, lo si imagina chiaramente, ma il Centro Studi di Confindustria nel suo ultimo report ha voluto dedicarvi un lungo capitolo apposta, per spiegare, in termini scientifici e razionali come la corruzione sia un danno per la crescita economica e come sia tra le principali cause del declino della nostra economia.
Un primo punto fondamentale riguarda l’individuazione della data cui fare risalire l’inizio del declino economico italiano: se la vulgata vuole gli anni ’90 come momento in cui in effetti il PIL comincia a crescere sistematicamente a un tasso inferiore di quello europeo, in realtà il CSC (Ceentro Studi Confindustria) pone il punto di svolta negativo a fine anni ’60- primi anni ’70, quando si esaurì il miracolo economico e la crescita diminuì, e solo il grande ricorso al disavanzo pubblico per creare domanda, e le conseguenti continue svalutazioni competitive della moneta, mascherarono per circa 20 anni il declino in realtà già iniziato.
Questo per rispondere all’obiezione di chi ritiene non vi sia un legame tra corruzione e mancata crescita perchè quest’ultima sarebbe un fenomeno recente mentre la corruzione è strutturale in Italia.
Inoltre viene fatto intelligentemente notare come, a dispetto di quel che avviene in altri Paesi avanzati dove il benessere economico e a democrazia comprimono lo spazio per l’economia informale e la piccola o grande corruzione, e la maggiore istruzione dei cittadini li rende meno tollerante verso gli abusi dell’elite, nel caso dell’Italia la mancanza di concorrenza e reale alternativa politica, a causa di un’opposizione impresentabile come quella comunista, e l’occupazione sistematica delle imprese pubbliche da parte dei partiti, invece hanno prodotto un aumento delle occasioni di corruzione.
D’altra parte è evidente come in una fase di catching-up e di enormi vantaggi di costo questi possano compensare l’effetto di inefficienza della corruzione, è quello che accade in Paesi in via di sviluppo in grande cescita e ad alti livelli corruttivi, come Messico o India, e tuttavia in un’economia matura, in cui gli aumenti dei margini sono minori, diventa basilare assicurare la massima efficienza dei costi, campo in cui incide invece la corruzione, che li fa lievitare con tangenti o misallocazione delle risorse.
Quanto viene valutata la corruzione in Italia? Chiaramente ci si deve riferire a degli indici qualitativi che si riferiscono alla percezione e non sono esenti da bias, in quanto le percezioni sono spesso errate o distorte dai media. Per questo CSC ne prende in considerazione almeno tre della Banca Mondiale, che ordinano i Paesi in base al livello di onestà e mancata corruzione percepita, e l’Italia è immancabilmente in fondo a tali classifiche tra i Paesi avanzati, anche dietro ad alcuni Stati con reddito o istruzione media inferiore. Lo vediamo nella seguente tabella:
Già l’IPSOS aveva rilevato nel 2010 l’opinione di alcuni manager stranieri che avevano avuto a che fare con imprese italiane o con il settore pubblico e cui aveva chiesto se rispetto allle aspettative la loro percezione di corruzione, lungimiranza, qualità dei politici ecc fosse stata migliore o peggiore, e anche qui i risultati sono sconfortanti:
Come la corruzione danneggia l’attività economica di un Paese?
Vi sono per il CSC almeno 4 modi di farlo:
1) Riduce gli investimenti stranieri, poichè ne aumenta il costo e rende incerti i benefici attesi, in quanto conrariamente ad alcuni vecchi luogh comuni la corruzione non olia la burocrazia ma è correlata con una difficoltà di fare impresa come il CSC certifica con questa elaborazione
2) Rende inefficiente la spesa pubblica, per esempio facendo lievitare costi per acquisti di beni e servizi, spesso distorcendo le priorità, in quanto si occupano risorse per obiettivi non prioritari trascurando per esempio gli investimenti in capitale umano.
3) Mortifica la meritocrazia, si tratta anche qui di una allocazion delle risorse, in quanto nei posti apicali sono poste persone selezionate non in base al merito ma alle conoscenze, contribuendo alla fuga dei cervelli o al mancato arrivo di lavoratori qualificati dall’estero
4) Indebolisce la governance delle istituzioni pubbliche, rendendola meno autorevole, dopo i numerosi scandali, quindi meno efficiente, minando la fiducia tra cittadino e Stato, cosa che a sua volta incentiva ulteriormente il comportamento illegale.
Come calcolare l’impatto quantitativo sul PIL, per esempio, della corruzione?
Sono sempre state fatte diverse stime, anche un po’ grossolane, come per esempio i 60 miliardi citati dalla Commissione Europea, su input della Corte dei Conti, quindi circa un 4% del PIL.
In realtà metodi migliori sono quelli che correlano le serie di crescita del PIL e i dati sulla corruzione visti prima, così CSC ha elaborato uno studio tenendo conto del Control of Corruption della Banca Mondiale misurato nel 1996 e il tasso di crescita del PIL pro-capite di 134 paesi nel periodo 1990-2011. Tenendo conto dei livelli di PIL pro-capite di partenza, del numero degli anni di istruzione, della quantità di capitale fisico e del tasso di crescita della popolazione, una diminuzione di una deviazione standard nell’indice di corruzione è associata in modo statisticamente significativo con un tasso di crescita più alto di 0,82 punti percentuali.
Quindi se il tasso di corruzione italiano fosse stato non tanto quello scandinavo ma anche solo quello spagnolo, il nostro tasso di crescita annuo sarebbe stato di circa 0,57 punti percentuali più elevato. Per capirci per esempio il 2014 sarebbe finito con segno più invece che meno, e di questi tempi non è poco.
Si tratta di un obiettivo prudente, ovvero quello perlomeno di arrivare alla media per il livello di sviluppo in cui siamo, in quanto come si vede dal grafico sottostante, se è vero che in teoria la corruzione diminuisce all’aumentare del reddito pro capite in realtà Paesi con redditi simili riescono ad avere tassi di corruzione molto diversi.
La Spagna è il Paese che nell’ultimo hanno è riuscito di più a riprendersi dalla crisi tra i PIGS, con dinamiche sociali ed economiche simili alle nostre, non è un punto di riferimento che è possibile trascurare.