Infografiche – Elezioni Croazia, Presidenziali 2014: finestra sul voto
Domenica 28 dicembre andrà in scena il primo turno delle elezioni presidenziali in Croazia. Saranno tre i candidati che contenderanno la poltrona al presidente uscente Ivo Josipović: Kolinda Grabar-Kitarović, Milan Kujundžić e Ivan Vilibor Sinčić.
Josipović – formalmente indipendente – può contare sull’appoggio di una vasta coalizione di partiti di centrosinistra, attualmente al governo del paese, che prende il nome di “Kukuriku Coalition”. Il maggior partito della coalizione è l’SDP, il partito socialdemocratico di provenienza dello stesso presidente.
In appoggio di Kolinda Grabar-Kitarović c’è invece HDZ, il maggior partito conservatore, oltre ad altri partiti di centrodestra come HSLS e HSS. A destra c’è spazio anche per Milan Kujundžić, appoggiato dalla coalizione “Alleanza per la Croazia”, comprendente partiti minori come Alba Croata (HZ). Ivan Vilibor Sinčić è invece l’outsider indipendente, appoggiato dall’organizzazione attivista Živi zid, di orientamento euroscettico.
Elezioni Croazia, Presidenziali 2014: il sistema di voto
La Croazia è attualmente una Repubblica parlamentare, dopo le riforme costituzionali che – all’inizio del secolo e a seguito della morte dello storico presidente Franjo Tuđman – hanno notevolmente ridotto il potere del presidente della Repubblica. Oggi, nonostante permanga l’elezione diretta, il Capo dello Stato mantiene pochi poteri, tra cui la leadership delle forze armate e la nomina del primo ministro.
Il sistema elettorale per l’elezione del presidente è a doppio turno. Se nessuno dei candidati al primo turno ottiene il 50%+1 dei voti, si procede ad un ballottaggio tra i primi due classificati, che si tiene a 14 giorni di distanza dal primo turno. Il limite massimo di mandati è pari a due.
Per candidarsi alla presidenza è necessario raccogliere – in una finestra di tempo che, per le attuali presidenziali, è andata dal 25 novembre al 6 dicembre – almeno 10 mila firme di cittadini croati. Diversi i candidati che hanno fallito l’obiettivo, mentre altri – come Anto Đapić e il reverendo Ivan Grubišić – hanno preferito ritirarsi dalla corsa ed appoggiare altri candidati.
I precedenti: non c’è due senza tre?
Il presidente uscente continua a mantenere un certo vantaggio nelle intenzioni di voto. Tuttavia la distanza dai competitors pare essersi ridotta negli ultimi mesi, specie dopo l’ufficializzazione della candidatura di Kolinda Grabar-Kitarović. E così se fino a giugno scorso sembrava possibile una rielezione al primo turno, secondo le ultime intenzioni di voto difficilmente Josipović riuscirà ad evitare il ballottaggio.
A quel punto tutto sarà in bilico: l’ultimo sondaggio del 4 dicembre di Promocija Plus assegnava a Josipović il 42,3%, con i due candidati di centrodestra accreditati di un complessivo 39,5%. Un dato che, anche in assenza di apparentamenti ufficiali, potrebbe mettere in pericolo la rielezione di Josipović. E ormai si parla già di testa a testa tra i due maggiori candidati, l’ennesima battaglia tra SDP e HDZ, i due partiti più forti di Croazia.
Questi i risultati delle elezioni presidenziali croate dal 1992 ad oggi (nel menù a tendina è possibile scegliere l’anno di interesse; passando con il mouse sul grafico a torta è invece possibile visualizzare ulteriori informazioni)
Tre i presidenti della storia della giovane repubblica croata. I primi due – Franjo Tuđman e Stjepan Mesić – hanno ottenuto la rielezione per un secondo mandato, chi vincendo entrambe le volte al primo turno (Tuđman) chi avendo la meglio sempre al ballottaggio (Mesić). Ora tocca a Josipović – vincitore al ballottaggio nel 2010 – provare a confermare il trend che ha sempre visto vincente il presidente uscente.
Per farlo, il presidente uscente socialdemocratico – formalmente indipendente solo a causa della Costituzione croata che, all’art. 96, prevede l’abbandono del partito una volta eletti – dovrà fronteggiare principalmente l’organizzazione dell’HDZ di Kolinda Grabar-Kitarović, che rivendica con orgoglio le quasi 330 mila firme presentate, a fronte delle “appena” 200 mila depositate dal presidente uscente. Evitando scivoloni, come quello occorso a proposito del busto del Maresciallo Tito.