Le assenze per malattia in Italia e in Europa, come siamo messi
I certificati di malattia dei vigili di Roma hanno scatenato prima l’indignazione generale e poi un dibattito e un rilancio di difese e accuse relativamente alle condizioni lavorative degli stessi e dei lavoratori in genere.
Ma quale è la realtà vera? Come è normata l’assenza per malattia e come viene usata o abusata in Italia ed in Europa?
Parlando di Europa prima differenza fondamentale in effetti è quella tra Europa e USA. Il nostro principale competitor oltre oceano non prevede infatti alcuna forma federale di copertura di ferie e malattie e in questo senso un’eccezione almeno tra i Paesi sviluppati.
Tornando all’Europa, i modelli di copertura della malattia variano molto. Da un report recente dell’Economist possiamo osservare la seguente infografica che descrive quanto spetta al datore di lavoro coprire i giorni di malattia del lavoratore, per esempio nel caso di assenza di un mese
Come si vede Austria, Germania, Belgio, Danimarca prevedono che sia l’azienda a pagare il 100% del costo, mentre per Italia, Francia, Spagna siamo sotto il 40%, e addirittura a zero per Irlanda o Portogallo. Vuol dire che subentra lo Stato tramite la previdenza sociale o il lavoratore stesso nel pagare la malattia.
Nel caso dell’Italia e di altri Paesi vi è la copertura dei contratti di categoria dei giorni sulle spalle dei lavoratori.
Nella pratica che impatto ha questa differenza di responsabilità tra azienda, Stato, lavoratore?
Se prendiamo il caso tedesco, con copertura totale da parte dell’azienda, i giorni di lavoro per per malattia sono stati 9,5 a testa nel 2013, in aumento dai 7,9 del 2007.
Erano quasi 13 nel 1991, il calo è stato imputato dall’istituto di statistica tedesco Destatis da cui i dati sono tratti ai cambiamenti strutturali dell’occuazione, maggiore nei servizi e minore nell’industria, al migliorare delle condizioni di vita, al peggiorare della crescita economia, dato comune a tutta l’Europa. Singolare l’aumento dopo il 2007, probabilmente imputabile alla crescita dell’economia tedesca, che ha diminuito i timori di un licenziamento per eccessivo ricorso alla malattia.
Se prendiamo il caso inglese un analisi della PwC (Price Waterhouse Cooper) sottolinea come siano gli inglesi tra quelli che chiedono più giorni di malattia, 9,1, rispetto agli americani, 4,9, gli est-asiatici, solo 2,2, e anche l’Europa Occidentale, 7,2. Non sappiamo se la metodologia di raccolta dati sia differente da quello dell’Istituto di statistica tedesco, ma sembrerebbe che gli inglesi ricorrano di più alle assenza per malattia.
Forse perchè il costo ricade meno sui propri datori di lavoro diretti, come abbiamo visto, ma di più sullo Stato?
L’Economist tuttavia parla solo di 4,4 giorni a testa di malattia per gli inglesi in un dettagliato report analizza la situazione negli anni e sottolinea come ci sia stato un calo deciso negli ultimi 20 anni:
Sono i dipendenti pubblici in Inghilterra a fare più giorni di malattia di quelli privati, ma il gap si sta chiudendo
In generale si assentano maggiormente i dipendenti degli autonomi, le donne più degli uomini, i lavoratori del settore medico e dell’industria più dei manager, dei lavoratori ad alta specializzazione, come del ICT, e degli impiegati, di più nelle zone più marginali come il Galles che a Londra.
E l’Italia?
Per il nostro Paese abbiamo la ricerca svolta pochi mesi fa dalla CGIA di Mestre.
I dati sono anche qui da prendere per le molle, in quanto tra l’altro risulterebbe che i giorni di malattia sarebbero più del doppio di quelli tedeschi o di altri Paesi. E’ lecito dubitare dell’omogeneità delle rilevazioni, tuttavia sono interessanti perchè illustrano molti dettagli particolari e la differenza tra il pubblico e il privato.
A prima vista sono di più i giorni di malattia del settore privato, 16,72 a testa all’anno, che quelli del pubblico, 18,11:
E’ un dato molto sottolineato, soprattutto da chi, spesso anche giustamente, si batte contro i luoghi comuni che attribuiscono solo a una parte, in questo caso, il settore pubblico, le cause del declino italiano.
Tuttavia vi sono delle considerazioni da fare: da un lato sappiamo come i settori con una tipologia di lavoro molto pesante e maggiormente soggetta a malattie, come l’industria, siano tutti nel settore privato, e già questo strutturalmente dovrebbe favorire maggiori assenze in quest’ultimo, dall’altro lato si devono analizzare quindi le assenze “patologiche” quelle non effettivamnte riconducibili a una malattia.
La CGIA divide le assenza per malattia in base alla durata:
Come si vede metà delle assenze è entro i 3 giorni. E’ chiaro che sono le assenze di un giorno solo quelle su cui puntare gli occhi maggiormente.
Secondo il centro studi della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di medicina generale, nel settore privato i certificati di un giorno sono 1 milione e 56 mila, mentre nella pubblica amministrazione sono 1 mln 252 mila.
Secondo Aimpaf, l’Associazione italiana medicina previdenziale, assistenziale e fiscale, solo nel 2013, il numero complessivo dei certificati di malattia nel settore pubblico è aumentato del 9% nel pubblico impiego mentre è rimasto praticamente invariato nel settore privato
Sono dati che fanno riflettere, e che assieme agli altri della CGIA di Mestre rivelano quanto sia la quantità di assenze non giustificate.
Questi dati sono le disomogeneità tra giorni della settimana e regioni italiane, non certo giustificabili da motivi sanitari. Così vediamo, come era emerso al momento dello sciopero della CGIL a ridosso del weekend, l’anomalo numero di certificati di malattie il lunedì:
E’ però da sottlineare che il venerdì non vi sia invece un analogo aumento.
Qui invece i dati per regioni, con un dato abnorme per la Calabria e in generale sopra la media per il sud.
Questa panoramica, per quanto incompleta, se associata con le performances economiche di Paesi come Germania e Inghilterra o degli USA, tutte migliori della nostra, ci mostra che più della normativa relativa alla malattia per i lavoratori, in realtà diversa da Paese a Paese, e spesso molto generosa, ancora una volta sono due le determinanti dell’efficienza anche in questo campo:
– Etica
– Produttività
Se la Germania può permettersi, come altri Paesi del Nord Europa, una legislazione generosa sulla copertura della malattia, è perchè la maggiore produttività della propria economia e dei propri lavoratori, i maggiori margini, permettono assenze come stipendi maggiori, e allo stesso tempo un’etica che noi non conosciamo responsabilizza il lavoratore verso la propria azienda ed i colleghi.
Saranno benvenute riforme sulla malattia, più controlli e giri di vite, ma come la storia economica secolare insegna, più che le grida manzoniane saranno necessarie svolte in quei due fattori, tra essi profondamente legati.