Direzione Pd, Renzi: “Sul Quirinale non possiamo fallire”
Direzione del Partito democratico quasi tutta incentrata sull’affaire Quirinale. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenendo sulla questione, mette in guardia tutto il partito: “La direzione del Pd è convocata in modo permanente fino all’elezione del presidente della Repubblica. O siamo in condizioni di fare quel che necessario o, se si fallirà come nel 2013, noi saremo additati come colpevoli”.
Poi è arrivato l’avvertimento anche agli altri partiti: “Niente ironie, niente demagogie, coinvolgeremo tutti. Se qualcuno si chiama fuori faremo senza di lui. Non accettiamo veti da nessuno”. Logicamente non sono stati fatti nomi, anche se Renzi ha ribadito che il presidente dovrà essere “un arbitro rigoroso”.
Per quel che concerne il capitolo riforme istituzionali, il segretario dem ha chiarito come, nonostante la sede del Colle sia vacante, non ci si possa permettere passi indietro e rallentamenti. “Il Parlamento deve lavorare: sarebbe provocatorio aver applaudito Napolitano quando chiedeva le riforme e poi fermarle dopo le sue dimissioni”. E anzi propone che si continui a lavorare anche il sabato e la domenica e “se necessario anche la notte”. Poi un attacco a Brunetta, che aveva chiesto lo stop ai lavori parlamentari, definito “il re dei fannulloni”.
Anche sulla riforma elettorale, Renzi ha le idee chiarissime: “E’ una svolta storica poiché consegna al partito che vince la responsabilità di governare” e dunque renderà l’Italia “più stabile di tutti gli altri Paesi” richiedendo ai partiti la necessità di studiare “un modello di partito che sta insieme”. Arriva infine un tributo a Giorgio Napolitano per i “nove anni particolarmente difficili” in cui il capo dello Stato ha avuto tanti meriti ma, soprattutto, la capacità di “mantenere unito il Paese”. Per il segretario del Pd Napolitano ha espresso “sensibilità e autorevolezza facendo tanto per il suo e il nostro Paese”.
Subito dopo la direzione, tuttavia, è arrivato il commento a freddo dell’ex premier Romano Prodi, fatto fuori nel 2013 dai 101 franchi tiratori del Pd: “Non voglio più essere in mezzo a tensioni”.