Scuola, quelle assunzioni che non migliorano il Paese

Pubblicato il 2 Marzo 2015 alle 09:30 Autore: Gianni Balduzzi

La Buona Scuola è uno degli ultimi brand fortunati inventati da Matteo Renzi, che in questo modo cerca di rendere fruibile e attraente anche le riforme che intende portare nella scuola.

Uno dei punti più importanti riguarda le assunzioni di 148 mila docenti, ovvero quelli che compongono  le GAE, Graduatorie ad Esaurimento, in cui si trovano molti docenti precari a cui vengono assegnate cattedre annuali.

In questo modo nelle intenzioni dichiarate del governo si eliminerebbe il doppio canale che vede il 50% di docenze assegnate ai vincitori di concorso e il 50% ai GAE, lasciando il primo canale, il concorso, come unico valido.

Altro vantaggio sarebbe quello di garantire una continuità educativa a quelle classi che si vedono il docente cambiare di fatto ogni anno.

Tuttavia non va ignorata la valenza propagandistica di queste assunzioni, in un bacino certo non lontano da quello tradizionale del PD.

Quello cui però si dovrebbe guardare è l’effetto concreto di tale mossa, se giustifica il costo, 3 miliardi di euro.

La Fondazione Gianni Agnelli in un’analisi approfondita è molto pessimista sui benefici di tale operazione, per una serie di motivi:

a) Non è stata fatta un’analisi dei settori in cui vi è più carenza di docenti, o delle aree geografiche più bisognose, ma l’azione del governo è partita dall’esigenza di garantire subito al posto ai 150 mila docenti a prescindere dalle loro specialità e luogo di residenza. Si tratta di una classica infornata di posti pubblici da prima repubblica

b) Risulta infatti vi sia uno squilibrio tra i bisogni reali del sistema educativo italiano e le competenze di questi nuovi assunti, prima di tutto da un punto di vista geografico, come vediamo dall’immagine di seguito:

scuola mismatch territoriale

Come si vede il 45% dei docenti iscritti alle GAE provengono dal Sud, ma solo il 40% dei posti in organico è di quest’area, e sopratutto tra 10 anni in prospettiva solo il 37% dei posti sarà al meridione. Viceversa il 42% delle cattedre sarà al Nord, ma oggi solo il 34% di questi insegnanti viene da quest’area.

c) Vi è uno squilibrio a livello disciplinare, la Fondazione Agnelli nel suo studio sottolinea come per alcune classi di studio, come l’insegnamento di matematica e scienze alla scuole medie, che attualmente conta 27 mila docenti, ne richiede ogni anno circa 2 mila nuovi, e proprio 2 mila sono quelli presenti nelle GAE, il che significa che localmente in alcune aree, in particolare al Nord, anche con queste nuove immissioni in ruolo, non sarà soddisfatta la richiesta di organico. Per esempio in provincia di Milano

Al contrario per la classe di insegnamento riguardante e discipline giuridiche ed economiche vi sono ora quasi 10 mila iscritti alle GAE, mentre il fabbisogno annuo sarà tra i 200 e i 400, il che vuol dire che neanche in molti anni tutti avranno una cattedra, e tuttavia l’imperativo di assunzione a ogni costo di questo personale, molto del quale non ha svolto ore di insegnamento effettivo, significherà doverlo dirottare verso altre aree di docenza, con conseguenze immaginabili di perdita di efficienza e misallocazione delle risorse.

Di seguito vediamo le statistiche prima degli iscritti GAE, e poi dei posti in organico:

scuola iscritti GAE

 

scuola posti in organico

Qui la disomogeneità è ancora più rilevante che nel caso geografico: basti solo vedere la carenza di personale per le scuole primarie e per l’area scientifica-tecnica, che richiederebbe il 52% dei posti, mentre gli insegnanti GAE di queste classi di materie sono solo il 38%. Viceversa sono sovradimensionati quelli dell’area giuridico economica, artistica e dell’infanzia.

d) Vi è un numero insufficiente di giovani, l’età media dei nuovi assunti sarà di 43 anni e il 19% di loro ne avrà più di 50

e) Essendo assunzioni basate più sull’appartenenza ad una categoria, l’iscrizione alle graduatorie, non vi è la garanzia che effettivamente vi sia dietro una preparazione e un’esperienza, infatti 70 mila di questi iscritti alle GAE non risulta avere avuto un contratto annuale di insegnamento perlomeno nella scuola statale. Sappiamo che certamente invece le scuole non statali si appoggiano proprio su questi docenti, ma non è stato fatto un censimento chiaro. Inoltre solo metà di questi ha conseguito l’abilitazione con le SSIS (le scuole di specializzazione) o ha una laurea specifica in Scienza della Formazione Primaria, e vista l’età media non ci si deve stupire.

Claudio Giunta su Internazionale  ricorda come per esempio non vi siano reali meccanismi di selezione nella scuola, facendo l’esempio dell’esame alla fine del Pas (Percorso abilitante speciale), un corso, tra l’altro a pagamento, pe ottenere l’abilitazione, aperto a tutti coloro che avessero insegnato per 3 anni anche non consecutivi nei precedenti 15 anni.

Ebbene quasi tutti i docenti partecipanti erano stati promossi, in alcune sedi esattamente tutti, ed essendo parte della commissione esaminatrice elenca anche le considerazioni che avevano portato a questa mancata selezione, come l’inerzia, ovvero l’idea che non fosse un vero e proprio esame ma un percorso automatico, una sorta di solidarietà e compassione verso chi già aveva insegnato, sostenuto un corso, e pagato per questo. Last but not least la paura di ricorsi da parte dei perdenti, una paura tipica in Italia, l’essere intrappolati in interminabili cause legali.

Il risultato è stata l’ammissione all’abilitazione di persone senza una reale preparazione, incapaci di sostene una conversazione culturale, con competenze assimilabili a una mediocre preparazione scolastica, certo non adeguata all’insegnamento.

Come ormai è un classico in altri ambiti al di fuori della scuola, anche nell’istruzione si sta verificando di fatto una discriminazione contro le nuove generazioni, poichè da questa assunzioni sono esclusi quei docenti precari che non appartengono alle GAE e che costituiscono le cosiddette graduatorie di secondo livello che ora coprono metà dei contratti annuali. Si tratta di personale in media più giovane, e anche più preparato del gruppo delle GAE,  che ha sostenuto corsi come il TFA o appunto i PAS, o sono laureati in Scienze della formazione, ma saranno esclusi.

Per coprire le lacune in alcune classi di materie che abbiamo visto prima saranno comunque impegnati 10 mila di loro, con il risultato che come avviene già in tanti posti di lavoro, vi saranno a svolgere la stessa mansione persone regolarmente assunte e altre che invece dovranno ancora per molti anni stare nel limbo del precariato, anche perchè è evidente che per almeno 10 anni sarà molto difficile per un neolaureato, di cui pur ci sarebbe molto bisogno, accedere al mondo dell’insegnamento.

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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