Jobs Act: secondo Unimpresa creerà 250.000 posti di lavoro
Matteo Renzi incassa il primo importante disco verde sul Jobs Act. Ad effettuarlo è Unimpresa, Associazione nazionale di categoria delle micro, piccole e medie imprese, che afferma come, grazie alla legge sul lavoro, si creeranno 250.000 nuovi posti di lavoro.
La riforma del lavoro costituirà delle economie di scala. Ne è sicura Unimpresa che, per mezzo di un dossier apposito, sostiene come “l’incremento dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato” – si parla di circa 250.000 unità – “previsti dalle nove norme sulle tutele crescenti sarà legato in parte alla stabilizzazione degli attuali precari (tempo determinato, contratti a progetto, partite Iva), in parte all’emersione di occupazione irregolare o cosiddetta ‘in nero’, in parte a nuove assunzioni di disoccupati in senso stretto, derivanti da incremento di produzione e prospettive di crescita delle aziende italiane. Turismo, agricoltura e servizi i settori che potrebbero sfruttare di più” il Jobs Act, continua Unimpresa.
Jobs Act, non tutti neo assunti
Certo che questi 250.000 neo assunti non saranno tali. Molti, infatti, risulteranno ‘ripescati’: stabilizzati (da determinati ad indeterminati a tutele crescenti), quelli del sommerso ed infine i disoccupati. Paolo Longobardi, presidente della rete delle pmi, conclude la presentazione del dossier, sostenendo come “gli sgravi contributivi rendono vantaggioso il nuovo contratto a tempo indeterminato”, ma chiede più spirito di iniziativa sulle riforme: “migliorare le condizioni in cui operano le imprese italiane, a cominciare dalla riduzione del carico fiscale per poi passare allo snellimento della burocrazia e al miglioramento delle infrastrutture: l’area di disagio sociale è composta da oltre 9 milioni di persone e la strada per ridurla è lunga”.
“Almeno nel breve periodo, poi” – conclude il numero 1 di Unimpresa – “intravediamo qualche rischio legato alla creazione di un mercato del lavoro a due velocità: potrebbe aumentare l’ingessamento della forza lavoro nei grandi gruppi, poco disposta a cambiare e quindi a smuovere il settore occupazione per paura di perdere le tutele piene del vecchio articolo 18”.
Daniele Errera