Mafia Capitale, Barca sul Pd romano: “Partito pericoloso e clientelare”
Più ombre che luci nella relazione intermedia sullo stato di salute del Pd romano. È quanto emerge dal lavoro di mappatura intermedia (si andrà avanti fino a maggio) dei circoli PD romani, affidata all’ex ministro Fabrizio Barca dal commissario straordinario del partito romano Matteo Orfini, dopo l’esplosione dello scandalo Mafia Capitale.
La relazione, consultabile anche dal sito #mappailPd, getta molte ombre sulla situazione del Partito democratico romano. “Si vanno delineando a un estremo – scrive Barca – i tratti di un partito non solo cattivo ma pericoloso e dannoso: dove non c’è trasparenza e neppure attività che ‘lavora per gli eletti’ anziché per i cittadini e dove traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di ‘carne da cannone da tesseramento’. Ma bisogna essere attenti a distinguerlo dal partito che subisce inane lo scontro correntizio, le scorribande dei capibastone, e che svolge un’attività territoriale, ma senza alcuna capacità di raggruppare e rappresentare la società del proprio quartiere”. Parole dure, ancor più se dette da quello che a tutti gli effetti è un iscritto al PD.
Pd romano, non tutto è da buttare
L’ex ministro della Coesione Territoriale, tuttavia, non butta tutto nel cestino, mettendo anzi in luce anche gli aspetti positivi emersi in questi mesi di analisi sul territorio. “Si trovano, all’altro estremo, i segni di un partito davvero buono, che esprime progettualità, capacità di raggruppamento e rappresentanza, che ha percezione della propria responsabilità territoriale, sa agire con e sulle istituzioni, è aperto e interessante per le realtà associative del territorio e sa essere esso stesso associazione (inventando forme originali di intervento), informando cittadini, iscritti e simpatizzanti”.
Un partito indecifrabile, dalla struttura bifronte e che lo stesso Barca fatica a inquadrare: “Emerge una sorta di partito dormiente, dove si intravedono le potenzialità e le risorse per ben lavorare, e dove il peso di eletti e correnti è sfumato, ma che si è chiuso nell’autorefenzialità di una comunità a sé stante, poco aperta all’innovazione organizzativa, al ricambio, al resto del territorio”.