Ecco perché Giuliano Pisapia non si ricandida
Sono passate poco meno di ventiquattr’ore, ma la non ricandidatura di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano alle elezioni comunali del 2016 fa ancora discutere.
Pisapia: “Scelta coerente”
Ufficialmente, Pisapia non lo fa per “stanchezza”, ma per “coerenza”. “Fin dalla campagna elettorale del 2011 ho sempre detto tre cose. La prima è che se avessi vinto avrei fatto un solo mandato” ha spiegato il sindaco ai cronisti, aggiungendo che voleva che a Milano si sviluppasse “una classe dirigente di sinistra capace di governare la città”.
Del resto, Pisapia ha ricordato di aver già preso la decisione già nel 2010, perché per lui “la politica non deve essere una professione ma un servizio”, in cui “nessuno è indispensabile”. Tanto più che il sindaco ha tenuto a precisare che la scelta di non correre nuovamente è stata presa in autonomia, non avendo subito pressioni da nessuno.
Secondo Repubblica, però, la decisione di annunciare la non ricandidatura adesso è maturata nella “insofferenza crescente per un clima da corrida già iniziato”, con alcune autocandidature in vista, e “veleni sotterranei tra i partiti” e “tentativi di riposizionamento di chi temeva già il suo passo indietro e non sapeva (non sa) a chi santo votarsi per il prossimo giro elettorale”.
I contrasti e le tensioni in maggioranza
Tanto più che i quattro anni da sindaco non sono sempre stati facili. Il primo cittadino “arancione” e della “rivoluzione gentile”, infatti, si è più volte scontrato con la sua stessa maggioranza. A ricordarlo è un articolo del Corriere della Sera, che richiama alla mente più di un episodio di frizione tra Pisapia e i suoi soprattutto per quel che concerne la gestione dell’Expo.
Come scelta del presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo di non votare l’accordo di programma sulle aree dell’Expo, o le frizioni che hanno portato alle dimissioni l’assessore Stefano Boeri, che da assessore alla Cultura, alla Moda, Design ed Expo aspettava di ottenere maggiori deleghe e competenze di quelle che gli erano state riservate.
Anche con il Partito Democratico, la formazione con più consiglieri a Palazzo Marino, poi, ribadisce il quotidiano di via Solferino, i rapporti non sono stati sempre “rose e fiori”. Dopo l’uscita dalla giunta di Boeri, che, recentemente, in un’intervista a Repubblica, aveva lanciato una stoccata all’attuale sindaco affermando di non riconoscersi in questa Milano, anche alcune candidature avanzate dai democratici per i vertici delle partecipate erano state lette dal primo cittadino come delle ingerenze.