INTERVISTA ESCLUSIVA a Gianfranco Fini: “Destra italiana è in stato comatoso”
Parigi – La breve tournée in Francia di Gianfranco Fini si è conclusa nel pomeriggio di mercoledì 15 aprile, con il faccia a faccia tra l’ex Presidente della Camera dei Deputati e l’ex Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, capo della destra transalpina.
Lo stesso Fini ha concesso a Termometro Politico un’intervista a margine dei suoi impegni politico-istituzionali a Parigi, in primis il colloquio con il leader UMP: “Un incontro molto positivo”, ha dichiarato il fondatore di Alleanza Nazionale, “Sarkozy mi ha confermato che vuole cambiare nome al partito (“I Repubblicani”, ndr), adottando una strategia di opposizione frontale nei confronti di Partito Socialista e Front National. Anche le nuove regole che ha in mente per lo statuto sono interessanti, dato che intende dare più potere agli iscritti” ha aggiunto l’ex presidente della Camera.
“Per il resto abbiamo parlato dell’Unione Europea e la necessità di riforme, a partire dal Trattato di Dublino e quello di Schengen sulla libera circolazione, su cui com’è noto ha fortissimi dubbi . Abbiamo affrontato anche la questione della destra italiana, prendendo atto che non c’è un minimo comun denominatore. Se sono l’unico interlocutore della destra italiana per Sarkozy? Non posso dirlo certo io, ma di certo ho un rapporto molto più stabile di altri leader viste le nostre relazioni pregresse”.
Fini a Parigi
La due giorni di Gianfranco Fini era cominciata ieri con la tavola rotonda “Integrare le popolazioni e le culture. Un esempio italiano per l’Europa” presso il think tank IFRI (Istituto Francese delle Relazioni Internazionali), durante il quale si è dibattuto di immigrazione e integrazione con riferimento ai modelli italiano, inglese (“il multiculturalismo della cosiddetta ‘Londonistan’ ha fallito”) e francese, in cui “A differenza del nostro Paese, c’è una forte problematica per quanto riguarda le seconde e terze generazioni di immigrati”.
Nel corso dell’intervento, Fini ha parlato della normativa sulla cittadinanza e dell’introduzione di uno “Ius Soli temperato” – che tenga conto dell’effettivo radicamento delle famiglie di origine sul territorio ospitante – e della modifica della contestata legge Bossi-Fini nella direzione di un aumento dei termini temporali che il migrante “economico” ha a disposizione per cercare un nuovo contratto di lavoro, a fronte dei 6 mesi attuali. Parafrasando la celebre formula pronunciata da Nicolas Sarkozy nella campagna elettorale del 2007 (“L’Italia a chi la ama”), Gianfranco Fini ha auspicato che l’acquisto della cittadinanza sia il “risultato di un atto di sincera volontà”. Sul tema della laicità – terreno di aspro confronto in Francia dopo i fatti di Charlie Hebdo – ha così sentenziato: “Assurdo inserire nel calendario pubblico le festività di tutti e tre i principali monoteismi”.
MSI-AN e Le Pen, “camerati” di una volta
La questione del giorno a Parigi e dintorni è però il futuro del primo (di fatto) partito sulla scena politica, il Front National. Un soggetto che Gianfranco Fini conosce molto bene, essendo stato il vecchio “cugino” politico del Movimento Sociale Italiano al di là delle Alpi, e a cui lo storico leader missino Giorgio Almirante “prestò” il simbolo della fiamma tricolore alla vigilia dell’appuntamento elettorale per le Europee ’84.
Oggi il FN sta vivendo la crisi più profonda della sua storia, con il suo fondatore e presidente onorario Jean-Marie Le Pen “silurato” dalla rampolla Marine, leader in carica, per via delle sue posizioni scomode sulla razza e il regime di Pétain. “Se era una cosa concordata, sono stati bravissimi, anche se non credo”, ha commentato Fini. “Il parricidio politico può però accreditare Marine presso un elettorato più ampio. Dandosi l’obiettivo dell’Eliseo, inevitabilmente deve moderare le sue posizioni”. Le strade dell'(ormai ex) MSI e del FN si separarono peraltro nel 1998, quando il vecchio delfino di Almirante firmò una tribuna sul quotidiano “Le Monde” in vista delle Europee ’99, alle quali AN presentò il progetto neo-gollista – poi rivelatosi fallimentare – del celebre “Elefantino” con Mario Segni.
“Front National lontano dalla mia An”
Con la rinuncia del vecchio Le Pen a candidarsi per le Elezioni Regionali di dicembre, rimpiazzato dalla nipote d’assalto Marion Maréchal, il Front National potrebbe ora accelerare una trasformazione formale e sostanziale. Fini tuttavia non vede (per ora) molte analogie con il processo, culminato a Fiuggi nel ’95, che portò dal MSI ad Alleanza Nazionale: “Non lo so… non sto seguendo approfonditamente, ma non credo sia così semplice. Quel passaggio era l’obiettivo della mia generazione, esisteva un progetto e si crearono poi delle condizioni politiche favorevolissime: la scomparsa della DC, la fine Guerra Fredda, elettori rimasti orfani, elezione diretta dei sindaci (Fini candidato a Roma nel ’93 in ballottaggio con Rutelli, ndr). Probabilmente l’avremmo fatto ugualmente, ma quella volontà di dar vita a una destra che ‘usciva dalla casa del padre per non farvi più ritorno’ venne a situarsi in un contesto ideale. In Francia queste condizioni non le vedo francamente. L’UMP continua ad avere un consenso importante. In Italia c’è un primato leghista a causa del vuoto pneumatico che si è venuto a creare a destra. Le idee e i provvedimenti della destra francese sono stati invece molto netti negli anni. Non fosse stato così, il Front National avrebbe un consenso ancora maggiore. L’UMP adotta programmi non dissimili da molte posizioni che ho assunto. Se si trova nel PPE significa che non ha mai adottato posizioni estremistiche o propagandistiche”.
“Berlusconi e Sarkozy sono diversi”
Proprio in tema UMP, Nicolas Sarkozy è tornato saldamente in sella al suo partito e si prepara alle future Primarie per il candidato Presidente da una posizione di vantaggio: “Lo conosco da molto tempo (Fini scrisse la prefazione della versione italiana al suo manifesto politico “Témoignage” del 2006, ndr). Se nel 2017 sarà candidato o andrà al ballottaggio è la conferma che il personaggio ha vitalità, ma non può ripresentare lo stesso programma del 2007 e 2012. Da italiano di destra ed europeista mi aspetto che abbia un piano per gestire questioni prioritarie come il Trattato di Dublino sui rifugiati o la Politica Monetaria Comune”.
Sarko è uscito vincitore dalle recenti Amministrative a braccetto con i centristi, pur conducendo una campagna elettorale fortemente di destra: “E’ il meccanismo della legge elettorale. Nel momento in cui il FN tenta di darsi una fisionomia più governativa, è normale che su alcuni temi non gli venga lasciata l’esclusiva. Poi bisogna capire le proposte che si fanno. Il paragone con Silvio Berlusconi? L’unico punto di contatto è la forte personalità. Sulle vicende giudiziarie non posso rispondere, non le conosco. La grande differenza resta la provenienza: Sarkozy un è politico, Berlusconi ha cambiato la politica ma veniva dalla trincea del lavoro. Alcune metodologie Berlusconi non le conosce nemmeno oggi”. Fini ha di recente commentato le mosse di Berlusconi in vista delle elezioni regionali spiegando le uscite del leader di Forza Italia contro l’ex delfino Fitto come la ricerca preventiva di un “capro espiatorio” in previsione di una netta sconfitta elettorale
E il centrodestra italiano?
A proposito di Berlusconi e del centrodestra, il futuro della “Destra Repubblicana” (“Non mi piace la parola Moderati”) è un cantiere aperto, paragonabile a quello di tante opere incompiute nel nostro Paese. “Il centrodestra non è stato inglobato nel renzismo, il problema è che milioni di elettori si considerano apolidi e le regionali confermeranno lo stato comatoso di quest’area”, ha spiegato Fini.
“Con LiberaDestra ho la presunzione di dare al mondo politico di destra qualche spunto di riflessione, partendo dal basso e dalle proposte. Ad esempio, il rapporto con l’Islam è una delle grandi questioni a cui saremo di fronte anche noi tra 20-30 anni. Ciò che mi deprime è il fatto che l’unica soluzione sia: ‘andiamo tutti insieme con la sinistra’, vale a dire stabilire solo un perimetro di alleanze. Gli interlocutori? Io sono disponibile a parlare con tutti, vecchi alleati o ex compagni di partito, ma dipenderà da tante cose. Quanto a Fitto, lui rappresenta l’ultimo anello di una catena. Quello che gli è capitato era prima capitato ad Alfano, a me… nel PDL non c’era la possibilità di far valere le proprie ragioni. Renzi ha dimostrato con la Leopolda che il Pd era scalabile dalla società civile, mentre a destra ci sono tante iniziative disperse, tanti sindaci e giovani consiglieri, ma non c’è uno spazio comune. Inshallah”.
Niccolò Inches (Twitter: @niccolink)