Pensioni, Padoan: “La Consulta doveva valutare i costi”
L’intervento del governo per arginare la falla creata dalla sentenza della Consulta sulle pensioni ha scontentato la maggior parte dei contribuenti interessati dalla norma. Il governo però va avanti. “La Corte costituzionale ha fatto una sentenza, noi l’abbiamo rispettata. Ora si tratta di lavorare insieme perchè nel corso dei prossimi mesi i segnali di ripresa, dall’occupazione ai posti di lavoro fino alla crescita, possano essere irrobustiti e consolidati” ha detto a Riga il premier Matteo Renzi. Sulla stessa linea d’onda il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. “Abbiamo provveduto a tamponare la falla, e gli arretrati da corrispondere ci costano 2,2 miliardi. Poi gradualmente a regime l’intervento sui trattamenti di medio livello ci costerà 500 milioni l’anno, a partire dal 2016” afferma a Repubblica, il titolare del tesoro che sulla vicenda pensioni si dice tuttavia “perplesso” per l’aspetto che riguarda il fatto che “la Corte Costituzionale sostiene di non dover fare valutazioni economiche sulle conseguenze dei suoi provvedimenti e che non c’era una stima dell’impatto”.
Pensioni, Padoan: “Non c’è stata valutazione dell’impatto”
“Non so chi avrebbe dovuto quantificare il costo – spiega Padoan – ma rilevo che in un dialogo di cooperazione tra organi dello Stato indipendenti, come governo, Corte, ministri e Avvocatura sarebbe stata opportuna la massima condivisione dell’informazione. Se – aggiunge – ci sono sentenze che hanno un’implicazione di finanza pubblica, deve esserci una valutazione dell’impatto. Anche perchè serve a formare il giudizio sui principi dell’equità. Questo è mancato e auspico che in futuro l’interazione sia più fruttuosa”. Sulla spending review Padoan conferma che “l’obiettivo resta quello del Def, 10 miliardi di risparmi. Unione europea e Fmi – fa quindi sapere – apprezzano le nostre riforme. Sulle privatizzazioni c’è qualche ritardo ma recuperiamo”.
Sul piano banche, Padaon spiega che “sulla bad bank stiamo cercando di costruire misure tecnicamente compatibili con le regole Ue” mentre per quanto riguarda l’ipotesi di trasferire l’Agenzia delle entrate sotto Palazzo Chigi, il ministro afferma: “Stiamo studiando il dossier. Un decreto per i suoi funzionari. Il vero problema – spiega invece il ministro sulla Grecia – è nel medio periodo. Se ci fosse una Grexit, se Atene abbandonasse l’euro, l’Unione monetaria diventerebbe un animale diverso. Un insieme da cui si può uscire, non sarebbe più irreversibile”. “Questo – aggiunge – cambierebbe i prezzi, laddove ci fossero tensioni. Se entriamo in un contesto nel quale c’è una possibilità in più, quella dell’uscita dall’euro, il sistema diventa in generale più fragile meno capace di assorbire gli shock”.