Elezioni in Turchia: Demirtas e l’exploit dell’HDP
Il Partito Democratico dei Popoli (HDP), guidato da Selahattin Demirtas, supera l’impervia soglia di sbarramento del 10% alle elezioni turche, e conquista 80 seggi nel Parlamento turco, dando vera rappresentanza alla minoranza curda.
Risponde al nome di Selahattin Demirtas la nuova stella della politica turca. Avvocato e attivista per i diritti umani, nonché fondatore di Amnesty International a Diyarbakir, Demirtas è riuscito a guidare il partito filocurdo oltre la difficoltosa soglia di sbarramento del 10% alle recenti elezioni in Turchia, riuscendo a convincere l’elettorato curdo, spesso diviso, a vedere in lui e nel Partito Democratico dei Popoli l’opposizione a Erdogan.
I primi passi di Selahattin Demirtas
Demirtas fece il suo ingresso in politica già nel 2007, per poi candidarsi nel 2014 alle elezioni presidenziali, arrivando terzo, con un risultato che aveva sfiorato il 10%. Durante la recente campagna elettorale, è stato il bersaglio principale di Erdogan che, con l’intento di screditarlo, lo ha definito un “infedele” e di essere al soldo del PKK, il movimento indipendentista curdo dichiarato illegale dal governo di Ankara.
Il Partito Democratico dei Popoli
Alle recenti elezioni Demirtas si è presentato a capo del Partito Democratico dei Popoli (HDP) che propone un ideale di politica fondato sulla trasparenza e sul ruolo da protagonista della comunità.
Lo slogan su cui si appoggia la formazione politica filocurda recita “Nuovo e Onesto; Democratico e Indipendente; Egualitario e Giusto; Non denigratorio; Positivo e Produttivo; Potente, Ben Equipaggiato e Competente; che risolve i problemi; il Partito della Democrazia”. Così, i principali temi su cui si impegna l’HDP sono: gli standard democratici, ed in particolar modo l’esercizio della democrazia diretta da parte del popolo, i diritti dei lavoratori e quelli fondamentali, l’eguaglianza formale e sostanziale, che ritiene debba essere sancita dalla costituzione, la non discriminazione, la pace a livello nazionale ed internazionale, in particolare nel Medio Oriente, la lotta contro la disoccupazione e la povertà, l’eguaglianza tra i generi ed il riconoscimento dei diritti LGBTQ, il rispetto dell’ambiente.
I risultati delle elezioni
La freschezza della figura di Demirtas e il programma politico del partito sembrano aver convinto la minoranza curda, che costituisce a tutt’oggi il 20% della popolazione turca, consentendogli di raggiungere il 13% dei consensi (circa 5,7 milioni di elettori) e 80 seggi in parlamento.
Un risultato storico che garantisce una rappresentanza sostanziale alla popolazione curda e contribuisce ad arginare la finora indiscussa leadership di Erdogan, ostacolando peraltro i piani di riforma della Costituzione di quest’ultimo.
Gli scenari post-elettorali
Lo scenario ha costretto Erdogan ad adottare toni più concilianti nel commento ai risultati delle urne. Il presidente turco avrebbe, infatti, ammesso l’ingresso della Turchia in una nuova fase durante la quale sarà importante raggiungere degli accordi per formare un governo di coalizione.
Una simile prospettiva, però, non sembra essere di facile concretizzazione, dato che i partiti di opposizione sembrano non essere entusiasti, per usare un eufemismo, all’idea di allearsi al partito di Erdogan, né pare prospettabile una grande coalizione tra i partiti di opposizione onde arginare le iniziative dell’AKP di Erdogan.
Le alternative sono, dunque, l’indizione di nuove elezioni o la formazione di un governo di minoranza che possa tentare di guadagnare la fiducia del parlamento turco provvedimento per provvedimento.
Quel che è certo, o almeno fino ad ora, traspare dalle parole del trionfatore Demirtas che, scartando ogni possibilità di alleanza con l’AKP, avrebbe dichiarato “Non formeremo una coalizione con l’AKP. Rispetteremo i patti. Rimarremo in Parlamento come partito di opposizione”.