Unioni civili, Renzi non #cambiaverso
“Unioni civili entro primavera” annunciava Matteo Renzi lo scorso 16 marzo al Nazareno in una delle tante riunioni con il suo gruppo parlamentare. “Non faremo un’altra campagna elettorale (quella per le elezioni Regionali, ndr) parlando delle unioni civili al futuro – continuava il premier – l’unica cosa che non possiamo fare è non fare niente”. Intanto sono passati tre mesi e nulla si è mosso. Da “entro maggio” si è passati a “entro settembre” (Il Messaggero, 26-05) mentre il vicesegretario Lorenzo Guerini – all’indomani del referendum irlandese – affidava queste previsioni alla Stampa: “Il Partito democratico e il governo intendono concludere la discussione del provvedimento sulle unioni civili al Senato entro l’estate e poi, nel giro di pochi mesi, arrivare alla approvazione definitiva di una legge che ha recepito istanze diffuse sia nella società che nel Parlamento”. Insomma, i tuìt facevano ben sperare. Poi, nel giro di due settimane, tutto è cambiato: l’inchiesta Mafia Capitale 2, l’emergenza immigrazione, la riforma della Scuola a cui si va ad aggiungere la riforma del Senato che arriverà a Palazzo Madama a luglio per la seconda lettura. Un’agenda piena che impegnerà il Parlamento fino alla pausa estiva. E le unioni civili, per forza di cose, finiranno nell’angolo. Se ne riparla a settembre. Forse.
Nel frattempo quasi 2 milioni di irlandesi hanno detto sì ai matrimoni gay e una settimana fa il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza un rapporto che invita gli Stati dell’Unione a riconoscere maggiori diritti per le famiglie omosessuali avendo preso atto “dell’evolversi della definizione di famiglia”. Ma l’Italia, per ora, sta a guardare nonostante il Presidente del Consiglio Renzi abbia annunciato la svolta epocale più volte dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi.
Lo storytelling
Digitando “Renzi unioni civili” su google la documentazione è pressoché enciclopedica. E spesso contraddittoria. Ai tempi del Family day infatti il giovane Presidente della Provincia di Firenze diceva: “Non ritengo quella della coppie di fatto la questione prioritaria su cui stare mesi a discutere per poi trovare una faticosa mediazione” perché “questi provvedimenti sono carichi di forza ideologica, sono un compromesso politico, ma toccano la minoranza delle persone”. Qualche anno dopo, il cambio repentino da sindaco di Firenze: “Unioni civili? Una cosa che si fa in tutti i paesi civili del mondo” (28-04-2011). Poi sono arrivate le primarie, la rottamazione, le Leopolde. E giù con un profluvio di aperture ai diritti civili mai sfiorati dai dinosauri della politica: “Da anni si discute di un provvedimento di legge sulle unioni civili. Eppure alle parole non seguono i fatti” (26-06-2012), “anche due persone dello stesso sesso che vogliono stare assieme hanno il diritto di avere un istituto giuridico che garantisca loro dei diritti e dei doveri” (02-08-2012). Bersani trionfa, Renzi sprofonda. Le elezioni “non vinte”, la rielezione di Napolitano al Quirinale, le dimissioni del segretario. Il sindaco di Firenze si riprende la scena: “Le unioni civili e la legge contro l’omofobia non sono più rinviabili” dice a Repubblica una settimana prima delle primarie che lo incoroneranno segretario del Pd. Dopo due mesi, il partito sfiducia Letta. Renzi si insedia a Palazzo Chigi. Slide, cronoprogramma, mille giorni, #lavoltabuona. “Oggi una mia amica mi ha scritto: ‘Se devi approvare una forma di unioni civili che non sia quella che vogliamo noi, allora non approvarla’. No, non è così: sui diritti si fa lo sforzo di ascoltarsi, di trovare un punto di sintesi. Questo è un cambio di metodo profondo. Sui diritti si fa lo sforzo di trovare un compromesso anche quando questo compromesso non ci soddisfa del tutto” attaccava a testa bassa il neo-premier nel suo discorso d’insediamento al Senato. Poi, gli spot: “Ai vescovi già l’ho detto. Si mettano l’animo in pace” minacciava a ottobre, “sulle unioni civili dobbiamo procedere con la stessa determinazione che abbiamo messo sulla legge elettorale. Fare le cose di sinistra” diceva all’Espresso a marzo di quest’anno. Fino al referendum irlandese di due settimane fa: “Matrimoni gay? La legge che noi proponiamo è quella tedesca, sono abbastanza ottimista che su quella legge finalmente arriveremo ad un punto di accordo in parlamento già a partire da quest’estate”.
Il ddl Cirinnà
Nonostante l’immobilismo, un testo su cui “discutere” c’è già. E’ stato approvato in commissione Giustizia del Senato lo scorso 26 marzo ed è il frutto di una sintesi di circa nove disegni di legge presentati proprio ad inizio legislatura. La relatrice è Monica Cirinnà, senatrice del Partito Democratico. Il testo consta di 19 articoli ed è diviso in due parti: la prima (articoli I-VII) regola le unioni civili, la seconda (articoli VIII-IX) la “disciplina della convivenza”.
Unioni civili. Il cuore di tutto il ddl sta proprio nell’articolo uno (primo comma): “Due persone dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni”. In ogni comune italiano viene istituito il “registro delle unioni civili tra persone dello stesso sesso” e i due coniugi possono stabilire “il cognome dell’unione civile scegliendolo tra i loro cognomi”. Inoltre, per quanto riguarda il “regime giuridico dell’unione civile”, si applicano gli stessi articoli del codice civile inerenti al matrimonio: doveri verso i figli, concorso negli oneri, protezione contro gli abusi familiari, scioglimento dell’unione. Il tema più caldo, però, rimane quello delle adozioni, disciplinate con l’articolo 5. Il modello di adozione è identico a quello tedesco (stepchild adoption): “i minori possono essere adottati dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio adottivo dell’altro coniuge o dalla parte dell’unione civile dello stesso sesso” recita il nuovo articolo completo.
Convivenza. Riguarda tutti coloro che decidono di intrattenere “legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”. Cioè, le coppie che decidono di convivere senza sposarsi. I due coniugi hanno a) gli stessi diritti penitenziari, b) diritto reciproco di visita in ospedale, c) diritto di successione, d) obbligo di mantenimento, e) diritto di partecipazione nell’attività d’impresa, f) risarcimento in caso di morte di uno dei due coniugi.
Il 26 marzo scorso il testo è stato approvato in commissione con 14 voti favorevoli (Pd, M5S e Sel), 8 contrari (Forza Italia, Ncd e Lega Nord) e un astenuto (Ciro Falanga, senatore forzista ed ex relatore della legge). Ma il 7 maggio, data finale per la presentazione degli emendamenti, Area Popolare e Forza Italia hanno iniziato un duro ostruzionismo presentando in totale più di 4000 emendamenti. Protagonisti assoluti Carlo Giovanardi che ha presentato 662 emendamenti solo sul primo articolo seguito dal senatore di Forza Italia Lucio Malan (700) e dal Popolare per l’Italia Mario Mauro, uscito pochi giorni fa dalla maggioranza.
Le unioni civili in Europa
Tra i 28 Stati dell’Unione Europea, in 10 non hanno ancora una legge che disciplini le unioni registrate: Bulgaria, Grecia, Lettonia, Lituania, Italia, Polonia, Romania, Slovacchia, Estonia, Cipro. La prima ad introdurle fu la Danimarca nel lontano 1989 mentre l’ultima è stata Malta in cui sono state regolate lo scorso anno. La legislazione in materia, però, rimane molto variegata a seconda dei diversi paesi: si va dal Pacs francese alla Civil Partnership inglese fino alla Eingetragene Lebenspartnerschaft tedesca. Il prossimo paese a legalizzare le unioni civili sarà la Grecia che, per bocca del primo ministro Alexis Tsipras, ha annunciato una legge entro luglio. Infine, sono 12 gli Stati dell’Ue ad aver approvato anche una legge che riconosce il matrimonio per le coppie omosessuali: Francia, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Portogallo, Belgio, Danimarca, Finlandia, Svezia, Lussemburgo, Irlanda e Slovenia. In Italia, intanto, nulla si muove.
Giacomo Salvini