Isis: una minaccia concreta per Gaza
In un video pubblicato mercoledì scorso, l’Isis incolpa Hamas di non applicare in maniera sufficientemente rigorosa la Sharia e annuncia l’imminente presa della Striscia di Gaza.
Il video
Risale a mercoledì 1 luglio un video in cui miliziani dell’ISIS, armati con AK47, hanno minacciato di rovesciare Hamas nella Striscia di Gaza, accusandone i leader di applicare una versione della Sharia non sufficientemente rigorosa.
Il video, intitolato “Un messaggio al nostro popolo di Gerusalemme”, pubblicato da una fortezza dell’ISIS nell’area di Aleppo, accusa Hamas di trattare con entità laiche, secolari e comuniste, quali l’Iran e il movimento libanese scita Hezbollah.
I miliziani, parlando a turno, hanno accusato il movimento palestinese di tirannia, e hanno dichiarato che l’obiettivo del jihad non è la liberazione della terra, ma piuttosto l’implementazione della legge di dio. Hamas viene accusato di crescere i propri figli nel rispetto della bandiera della Palestina, ma di non essere in grado di rispettare le proprie promesse. Così, è proprio l’ISIS a promettere non solo “l’estirpazione dello stato degli Ebrei”, ma anche l’annientamento di Fatah e Hamas, portatori di valori secolari, destinati ad essere rovesciati dalle “moltitudini” aderenti allo Stato Islamico.
La concretezza della minaccia
Le minacce dell’ISIS non vanno prese alla leggera, come testimoniano una serie di attentati dinamitardi contro membri di Hamas, portati a termine nella Striscia di Gaza a partire dal mese di marzo e rivendicati dallo Stato Islamico.
A questi sono seguiti arresti di massa di sostenitori del Califfato da parte del movimento palestinese. Hamas avrebbe definito i seguaci dell’ISIS con la parola khawarij, traducibile, secondo Al Jazeera con l’espressione “coloro che hanno trasgredito”, facendo infuriare i miliziani del Califfato.
I rischi di un’avanzata dell’Isis a Gaza
Se da un lato, le dichiarazioni dello Stato Islamico dimostrano la profonda frattura all’interno dei movimenti sunniti nel mondo islamico, il vero problema per i Palestinesi di Gaza risiede nel rischio che la minaccia dell’ISIS si traduca in realtà.
La Striscia di Gaza, infatti, subisce ancora il pesante contraccolpo dell’offensiva militare israeliana della scorsa estate, Margine Protettivo, dovendosi confrontare con una disastrosa crisi umanitaria. E proprio questa crisi rappresenta il terreno più fertile per l’avanzata di movimenti radicali come quello del Califfato.
Se ciò dovesse succedere, lo Stato Islamico sarebbe in grado di mettere a repentaglio quanto resta di un lembo di terra già ridotto ad un cumulo di macerie dai ripetuti assalti israeliani, giacché darebbe motivo a Tel Aviv di intervenire nuovamente nella Striscia, onde sradicare il movimento islamista.
D’altro canto, Israele non avrebbe fatto mistero della sua interpretazione delle relazioni tra Hamas e l’ISIS. Già durante la passata campagna elettorale il governo di Tel Aviv avrebbe più volte ripetuto che “Hamas è l’ISIS e l’ISIS è Hamas” onde guadagnarsi i consensi dei più timorosi di un’avanzata del Califfato attraverso i territori palestinesi. Come se ciò non bastasse, proprio martedì scorso, il ministro dell’intelligence israeliana, Israel Katz, ha accusato Hamas di fornire armi ai miliziani estremisti che hanno condotto gli attentati nel Sinai contro i check-point egiziani.
È chiaro che l’interpretazione fornita dallo Stato di Israele è smentita dallo scontro tra lo Stato Islamico e Hamas (tra l’altro si ricordi che il numero più alto di vittime mietute dalle bandiere nere del Califfato si conta proprio tra i musulmani sunniti), ma sarà sufficiente questo a placare Tel Aviv?