Renzi e il difficile rinnovo delle Commissioni parlamentari
E’ uno dei punti di svolta per l’accelerazione delle riforme, le Presidenze delle Commissioni chiave. Renzi lo sa e per questo non può lasciare che alcune di questi cruciali gruppi di lavoro siano presieduti da esponenti dell’opposizione, forzisti per giunta.
L’arcano si è costituito tempo fa, ormai. Era il 2013 e l’impasse per la costituzione di un Governo Bersani (relativamente vincitore di misura rispetto il centro destra e il Movimento 5 Stelle) era evidente. Per questo venne nominato premier Letta.
E la maggioranza che lo sosteneva era composta anche dal Popolo delle Libertà (poi scissosi in Forza Italia e Nuovo Centrodestra). Era chiaro come, in quella situazione, alcune commissioni parlamentari dovessero essere dirette da uomini di destra. Così furono nominati alcuni personaggi che poi, a fine 2013, con la sospensione delle attività del Pdl e con la rinascita di Forza Italia, aderirono al progetto berlusconiano.
La matrioska delle commissioni parlamentari
Oggi, quindi, Renzi si trova con cinque Commissioni a guida di azzurri: sono le Commissioni Affari Costituzionali della Camera (presieduta da Francesco Paolo Sisto), Cultura, Scienza e Istruzione (diretta da Giancarlo Galan), Finanze (coordinata da Daniele Capezzone), Difesa di Montecitorio (guidata da Elio Vito) e Lavori Pubblici, l’unica di Palazzo Madama (presieduta da Altero Matteoli).
Renzi e Boschi vogliono ottenere la presidenza di quelle Commissioni: tra il varo del Governo Letta e metà 2015, politicamente è un’era geologica. Ecco perché hanno preparato l’assalto al rinnovo che, tuttavia, è stato rimandato al 21 luglio. Fino ad oggi, nulla di fatto per evidenti defezioni interne ai dem. A chiedere il rinvio, infatti, è stato il Presidente del gruppo Pd alla Camera dei Deputati, Ettore Rosato. Una posticipazione accettata dai vari capogruppo di Montecitorio.
Daniele Errera