Mezzogiorno: la prossima emergenza dell’Europa
Mezzogiorno: i riflettori sono puntati sulla Grecia ma presto l’Europa dovrà fare i conti con una nuova emergenza. Il meridione d’Italia resta la zona più popolosa e arretrata dell’Eurozona: le possibilità che la situazione cambi, al momento, rasentano lo zero.
Mezzogiorno: Draghi e la “questione meridionale”
“Abbiamo tuti bisogno del Mezzogiorno” diceva Mario Draghi nel 2010, quando ancora era governatore della Banca D’Italia.
Sempre allora aveva aggiunto: “da lungo tempo i risultati economici del Mezzogiorno d’Italia sono deludenti. Il divario di PIL pro capite rispetto al Centro Nord è rimasto sostanzialmente immutato per trent’anni: nel 2008 era pari a circa quaranta punti percentuali. Il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo; rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell’area dell’euro”.
La situazione del meridione d’Italia, d’altra parte, non è cambiata di molto nel frattempo: anche oggi il processo di cambiamento è ancora troppo lento rispetto a quello di altre regioni che, seppur arretrate, “tendono a convergere verso la media europea”.
Mezzogiorno: la nuova emergenza europea
Nelle regioni del sud vivono 21 milioni di italiani, un terzo della popolazione del paese, tuttavia, il Mezzogiorno produce solo un quarto del PIL nazionale. Il 25% delle famiglie meridionali afferma di versare in “brutte acque” dal punto di vista economico; stando ai dati più recenti, la metà dei 6 milioni di “poveri” italiani vive al sud.
Anche se il PIL nazionale nel 2015 dovrebbe crescere dello 0,8% (1,4% nel 2016), a sud di Roma, la situazione resta a dir poco problematica. Attualmente, il PIL pro capite nelle regioni meridionali è inferiore del 45,8% rispetto a quello delle regioni del nord.
Aspettando che la domanda di lavoro riparta, come previsto dalla Confindustria per quest’anno, un altro importante indice del divario tra le parti del paese resta la disoccupazione e in particolare quella femminile. Al nord sono impiegate oltre il doppio delle donne impiegate al sud. Inoltre, la disoccupazione giovanile, considerando che il dato nazionale nel complesso è significativamente alto (44,9%), raggiunge quota 66,3% tra le donne del sud.