Senato, riforma slitta a settembre
Tutto rinviato a settembre. La riforma del Senato e del Titolo V non sarà approvata in seconda lettura a Palazzo Madama entro la pausa estiva. Lo ha deciso quest’oggi l’Ufficio di Presidenza della Commissione Affari Costituzionali del Senato dove, da domani, si inizierà a discutere il testo già approvato in prima lettura in entrambi i rami del Parlamento. Il termine per la presentazione degli emendamenti scadrà il prossimo 31 luglio alle 13. Ma solo un “miracolo” – come lo ha definito Anna Finocchiaro – potrebbe portare il ddl in Aula prima della chiusura estiva.
La decisione è stata presa dall’Ufficio di Presidenza con un consenso quasi bulgaro. Su 12 componenti, infatti, solo 2 hanno votato contro – Nicola Morra e Giovanni Endrizzi, entrambi del Movimento 5 Stelle – mentre Mario Mauro (Popolari per l’Italia) e Loredana De Petris (Misto) si sono astenuti “perché – ha assicurato quest’ultima – non c’è la certezza che i tempi vengano rispettati, temiamo forzature”. Favorevole invece tutta Forza Italia rappresentata da Donato Bruno e Claudio Fazzone e i Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto tramite Francesco Bruni.
Lo scorso anno il Senato era riuscito ad approvare la riforma in prima lettura prima della pausa estiva (8 agosto), iter certo favorito dal contingentamento dei tempi (do you remember “canguro”?). Quest’anno non sarà così. Lo slittamento, infatti, era nell’aria da tempo (lo avevamo già scritto quasi un mese fa) e porta con sé tutto il peso delle riforme in cantiere proprio a Palazzo Madama (Rai e unioni civili).
Matteo Renzi, d’altronde, lo va dicendo da mesi: “puntiamo al referendum nel giugno 2016”. Non importa come e quando. E di tempo per le ultime due letture (prima al Senato e poi di nuovo alla Camera) ce n’è abbastanza.
Semmai, il principale ostacolo per il premier è un altro. I numeri. In aula da tempo si vocifera della decina di verdiniani pronti a soccorrere Renzi per sopperire alle probabili defezioni interne al proprio partito. Ma in Commissione, tutto cambia. Si sta profilando, infatti, un sostanziale equilibrio tra favorevoli e contrari: 14 a 14 contando (tra i favorevoli)anche la presidente Anna Finocchiaro e i tre dissidenti democratici Miguel Gotor, Doris Lo Moro e Maurizio Migliavacca (firmatari di un documento critico nei confronti delle riforme renziane). Si dirà, arriverà il sostegno dei verdiniani anche in Commissione. Probabile, ma l’unico fedele all’ex sherpa berlusconiano Denis nel parlamentino è Riccardo Mazzoni. Un ulteriore appoggio potrebbe venire da Patrizia Bisinella, compagna di Flavio Tosi e approdata al Misto dopo l’uscita del sindaco di Verona dalla Lega Nord. Ma sarebbero solo due voti in più e, se la matematica non è un’opinione, alla maggioranza mancherebbe ancora un voto per neutralizzare la minoranza dem. Senza contare il fatto che il Presidente di Commissione (in questo caso Anna Finocchiaro, favorevole alla riforma) per prassi non vota. Perciò in molti parlano già di un Patto del Nazareno-bis. Sia Brunetta che Romani hanno definitivamente chiuso la porta ad una riedizione dell’intesa Renzi-Berlusconi (e Verdini-Lotti) ma qualche margine di trattativa lo hanno comunque lasciato: “il patto del Nazareno è definitivamente morto – ha assicurato il capogruppo di Forza Italia alla Camera – e Forza Italia è disponibile a contribuire a scrivere le regole solo se queste ultime subiranno importati e consistenti modifiche”. Per esempio, che il Senato torni elettivo. Cosa che farebbe rientrare in un attimo anche i dissidenti interni.
Ma, in tal caso, sarebbe la prima vera sconfitta di Renzi sulle riforme. E in questo momento non può proprio permetterselo.
Giacomo Salvini