Stop alle trivellazioni nei mari Adriatico e Ionio: governatori del Sud contro Renzi
Il fronte dei governatori del sud contrari alle trivellazioni nell’Adriatico e nello Ionio, volute da Renzi, si ampia e si compatta. Questo nonostante tutti i presidenti delle regioni del mezzogiorno siano espressione del PD, guidato dal Premier-segretario Matteo Renzi che, attraverso il Decreto Sblocca Italia, ha dato il via libera a nuove e più ampie attività di ricerca del petrolio nell’Adriatico e nello Ionio.
A spingere i governatori su posizioni sempre più forti contro le trivelle nell’Adriatico e nello Ionio giocherebbero almeno due fattori. Da un lato, un’opinione pubblica sempre più radicata su posizioni di contrasto alle trivellazioni. Posizioni che indurrebbero tutti i governatori a non convergere sulle politiche governative relative alla ricerca di petrolio nell’Adriatico con l’obiettivo di recuperare un consenso sempre più in fuga all’interno del proprio elettorato anche a causa delle trivelle. Dall’altro lato, non si può trascurare l’indebolimento subito da Renzi a seguito della performance sicuramente non brillante avuta in occasione delle elezioni amministrative di maggio.
Sul fronte dei governatori PD “dissidenti”, il primo in termini di peso politico è certamente Michele Emiliano, ex sindaco di Bari, eletto presidente della Regione Puglia proprio nelle elezioni della scorsa primavera. Politico sopra le righe per carattere, tempra e stile, Emiliano si è da sempre posto come soggetto non allineato al renzismo dominante, schierato platealmente contro varie azioni nevralgiche volute dal premier, sia su scala nazionale, come la scuola, che territoriale, come proprio le trivelle nell’Adriatico e nello Ionio, o il gasdotto TAP.
Non sorprende neppure che tra i governatori “contestatori” ci sia l’appena insediato presidente della Campania, De Luca. In un intervento ad Acerra di qualche giorno fa, De Luca si è espresso sull’argomento, integrandolo con la tematica dell’acqua pubblica. Il governatore campano ha infatti chiarito, con parole molto dure, di essere “contro le trivellazioni, contro i pozzi petroliferi. Andiamo a fare le perforazioni – ha proseguito De Luca – nel Vallo di Diano o addirittura qualcuno ipotizza di fare le trivellazioni nell’Alta Irpinia dove abbiamo il bacino imbrifero più grande ed importante d’Europa. Vi vorrei invitare ad andare a Caposele, dove c’è una struttura bellissima in muratura: l’Acquedotto Pugliese, costruito dove partono le sorgenti, un capolavoro da un punto di vista ingegneristico. Immaginare di andare a fare lì le perforazioni petrolifere vuol dire essere dei depravati”.
Storia molto diversa è quella di Marcello Pittella, governatore della Basilicata e renziano “duro e puro”. Solo fino a sei mesi fa, Pittella scelse, tra le polemiche dei propri concittadini, di non impugnare lo Sblocca Italia, per scongiurare le autorizzazioni alle trivellazioni. Posizione uguale e contraria a quella del collega Emiliano, che, invece, sin dai primi momenti del suo insediamento aveva confermato la volontà di proseguire nell’azione promossa di fronte alla Corte Costituzionale dal suo predecessore Nichi Vendola contro le previsioni in materia dello Sblocca Italia. Questo nella convinzione che, a suo dire, le trivelle servissero solo ad “accontentare qualche lobby, peraltro ancora sconosciuta e indeterminata”.
Oggi la posizione anti-renziana sull’argomento sembra rafforzarsi, come platealmente dimostrato proprio dalla presenza di Pittella alla manifestazione del 15 luglio in piazza a Policoro, comune lucano sullo Ionio, promossa dal governatore pugliese, insieme al presidente della Calabria, Mario Oliverio, quest’ultimo in realtà da sempre su posizioni filo bersaniane.
Tuttavia, è proprio durante questa manifestazione che è emerso lo scollamento tra i governatori meridionali e l’opinione pubblica, che ha accolto con ampie contestazioni i discorsi dei tre governatori. Da registrare, sotto questo punto di vista, l’assenza alla manifestazione delle associazioni ambientaliste, in particolare l’Organizzazione lucana ambientalista (Ola) che ha derubricato l’appuntamento come una “Sfilata di cravatte in piazza…”.
I fischi dei presenti sono stati indirizzati soprattutto a Pittella, colpevole, secondo i più, di essersi schierato con ampio ritardo contro la politica energetica di Renzi basata sulle trivellazioni. Circostanza stigmatizzata dal deputato lucano Vincenzo Folino, autosospeso da tempo dal PD e vicino a Pippo Civati, secondo cui Pittella “ non fa nulla di concreto almeno per chiedere a Renzi un piano delle estrazioni che metta in sicurezza quelle che già ci sono e faccia chiarezza sulle altre”. Alle contestazioni, Emiliano ha comunque risposto cantando “Bella Ciao”.
Tra i presidenti del sud contrari alla politica renziana delle trivellazioni, anche il governatore della regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, che ha promosso per ieri, venerdì 24 luglio, un summit a Termoli delle regioni Abruzzo, Marche, Basilicata, Puglia, Calabria e Molise, già legate tra loro nella Strategia europea della Macroregione Adriatico-Ionica, e che hanno trovato un motivo di ulteriore convergenza nell’opposizione alle disposizioni dallo Sblocca Italia per quanto concerne le concessioni dei titoli minerari.
Opposizione che, secondo Legambiente, sarebbe più che giustificata dal momento che, si legge in una nota dell’organizzazione ambientalista, le scelte del governo in materia sono “frutto di una strategia energetica insensata e impattante. Le riserve certe di petrolio presenti sotto i mari italiani sarebbero infatti assolutamente insufficienti a dare un contributo energetico rilevante. Infatti, stando ai consumi attuali, basterebbero solo per 8 settimane. A fronte di questi quantitativi irrisori di greggio si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine”.
Trivellazioni, Renzi rimane ottimista
Di opinione totalmente opposta, l’artefice di queste strategie, Matteo Renzi. In un intervento di qualche tempo fa, il Premier aveva ribadito come la ricerca di petrolio nell’Adriatico e Ionio costituisse un asset essenziale per rispondere alla crisi energetica perdurante nel nostro Paese. Per tale ragione, Renzi sarebbe stato disposto a “perdere qualche voto” pur di non rinunciare alla possibile soluzione di un problema così annoso.
Alle elezioni amministrative di maggio, effettivamente “qualche voto” è stato perso e anche se il PD è riuscito nell’impresa di eleggere propri rappresentanti come governatori in tutte le regioni del mezzogiorno chiamate alle urne, il consenso intorno alla figura del Premier appare in flessione non solo da parte dell’opinione pubblica meridionale, ma anche degli stessi presidenti di regione, come dimostrato proprio dalla partita “trivellazioni”.
Renzi ostenta, tuttavia, come di consueto, ottimismo e fiducia, riposta soprattutto nella Riforma Boschi del Titolo V, da chiudere nei suoi piani entro l’autunno 2015. La Riforma costituzionale annullerebbe de facto i veti posti dai governatori “ribelli” attraverso l’assegnazione allo stato, e non più alle regioni, della competenza sulla politica energetica. La nuova ripartizione delle competenze tra stato e regioni sterilizzerebbe infatti i ricorsi contro lo Sblocca Italia presentati dai governatori meridionali alla Corte Costituzionale.
Questo potrebbe aiutare a superare la diatriba “istituzionale” su quale livello di governo, centrale o regionale, sia competente riguardo le trivellazioni. Non è detto sia però utile a colmare il vulnus tra opinione pubblica del sud e governo rispetto alla ricerca di petrolio nei mari Adriatico e Ionio.