Stabilità, il piano del Governo: meno tasse e riforma pensioni
Superata la metà di quello che gli economisti chiamano “ciclo annuale di bilancio”, il governo inizia a scoprire le prime carte in vista del 30 settembre – data entro cui l’esecutivo dovrà presentare la legge di Stabilità, un tempo chiamata più semplicemente manovra finanziaria. In soldoni, l’insieme delle misure economico-finanziarie disposte dal governo per coordinare bilancio dello stato e obiettivi programmatici.
Così, da qualche giorno, i giornali pullulano di retroscena sui dossier più caldi all’attenzione di Palazzo Chigi e Ministero dell’Economia. Gli ultimi, in ordine di tempo, quelli di stamani su Repubblica e il Messaggero.
In particolare, sul quotidiano di Largo Fochetti Claudio Tito scrive di 4 misure specifiche su cui i tecnici di Via XX Settembre stanno lavorando da settimane: intervento sulle pensioni, abolizione delle tasse sulla prima casa, maggiore flessibilità sui conti pubblici dall’Europa e il rinvio di un altro anno del pareggio di bilancio.
Ma i numeri sono ancora incerti e, per questo, impongono cautela. Secondo Repubblica il governo dovrebbe trovare – ad oggi e “senza nuove spese inderogabili” – entro l’anno 25,9 miliardi. Il Messaggero di Roma invece parla già, citando fonti vicine al premier, di una manovra “espansiva” in grado di “fare da trampolino di lancio alla crescita” arrivando a superare i 33 miliardi di euro.
Le misure
Il governo deve racimolare 26 miliardi certi per il prossimo anno. Del “patto con gli italiani” annunciato dal Presidente del Consiglio un mese fa, ne avevamo già scritto illustrando le misure e le relative coperture. Ricapitolando. Dei 26 miliardi totali: 18 serviranno per evitare di far scattare le clausole di salvaguardia ereditate dalla legge di stabilità dello scorso anno (Iva, accise sul carburante, aliquote sulle agevolazioni e detrazioni fiscali) compreso il possibile mancato gettito della voluntary disclosure (“collaborazione volontaria” per chi ha esportato illecitamente i capitali all’estero), 3 per tappare i buchi aperti da Consulta e Unione Europea relativi alle sentenze sulla indicizzazione delle pensioni introdotta nel 2012 con la legge Fornero (500 milioni), lo sblocco dei contratti per i dipendenti pubblici (1,6 miliardi) e la cancellazione del reverse charge (“inversione contabile”) che vale in totale 728 milioni, mentre i restanti 5 serviranno a coprire l’abolizione della Tasi sulla prima casa (3,8) e l’Imu agricola e sugli imbullonati (1). Il quotidiano romano aggiunge anche ulteriori 7 miliardi: 6 provenienti da un nuovo piano di sgravi sui contributi sociali per i nuovi assunti a tempo indeterminato e 1 miliardo da utilizzare per un piano di lotta alla povertà.
Le relative coperture erano state annunciate in pompa magna dal consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld in un’intervista al Corriere della Sera (21 luglio) in cui aveva individuato i principali ambiti da cui attingere risorse: i tagli della spesa pubblica (sanità, spese militari, municipalizzate), crescita economica e maggiore flessibilità sul rapporto deficit/Pil.
Gli ultimi due punti sono confermati dalle ricostruzioni di questi giorni.
Disavanzo statale
In particolare sul rapporto deficit/Pil il governo sta lavorando ad un allentamento di circa 7 miliardi che, tradotto in punti percentuali, significherebbe salire al 2,2% invece che rimanere all’1,8% previsto per il 2016. Ed è su questo che si gioca la vera partita del premier in Europa, anche se i primi segnali che arrivano da Bruxelles non sono molto incoraggianti. Basta, infatti, andarsi a rileggere l’intervista rilasciata alla Stampa due settimane fa dal vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis che aveva definito “non prioritaria” la scelta del premier di tagliare le tasse sulla prima casa ed escluso –“non vedo ragioni per rinegoziare i numeri” – la possibilità di riaprire la discussione sui conti pubblici.
Sul Pil l’incertezza regna sovrana e fino a venerdì (quando usciranno i dati relativi al secondo trimestre), la cautela rimane obbligatoria.
Previdenza sociale
Infine, le pensioni. Da mesi il ministro del lavoro Giuliano Poletti va annunciando che l’intervento sulla Fornero sarà “all’ordine del giorno” della “prossima legge di stabilità”. Anche lo stesso Renzi, a margine della segreteria del Pd, aveva annunciato lo scorso 21 maggio: “Sul tema di riuscire a dare un pochino più di flessibilità alla Fornero sono molto ottimista che si possa fare durante la legge di Stabilità, quindi a ottobre-novembre”. Sulle orme della proposta del Presidente dell’Inps Tito Boeri, il governo sembrerebbe intenzionato ad agire secondo un principio di “maggior flessibilità” in uscita: in pratica, chi decide di andare prima in pensione lo potrà fare sapendo però che il proprio assegno previdenziale verrà ridotto percentualmente. Secondo molti, questo sistema spalancherebbe le porte anche al piano contro la povertà (vaticinato da tempo dallo stesso Boeri) permettendo l’introduzione di un reddito minimo garantito per gli over 55. In questo modo verrebbe anche accontentata la minoranza dem e placata la spinta sul “reddito di cittadinanza” del Movimento 5 Stelle.