Cina: doppia svalutazione “record” dello yuan
Cina: in poco più di 24 ore la Banca centrale cinese – People’s Bank of China – ha compiuto una doppia e inattesa svalutazione dello yuan portando il cambio ai minimi da circa tre anni nei confronti del dollaro al fine di rilanciare l’export e sostenere l’economia reale del paese. La mossa, che sul piano politico non potrà incontrare il favore degli Stati Uniti, ha creato tensioni sui mercati internazionali e affossato le Borse Europee e Wall street, penalizzando in particolare i “titoli del lusso”.
Cina: svalutazione record
Dopo che nella giornata di ieri la Banca centrale cinese aveva compiuto una maxi-svalutazione dello yuan dell’1,9%, la più importante dal 1994, oggi a sorpresa si è ripetuta con un ulteriore “taglio” dell’1,62%. La moneta cinese risulta quindi ulteriormente indebolita e il tasso di cambio con il dollaro è fissato a quota 6,3306.
A darne notizia è stata la stessa People’s Bank of China che in una nota ufficiale, pubblicata sul proprio sito, spiega che si tratta di un intervento “una tantum, necessario a supportare un’economia in contrazione” evidenziando che “attualmente, le condizioni internazionali dell’economia e della finanza sono molto complesse e una situazione del genere impone nuove sfide” . La banca ha però specificato che d’ora in avanti il tasso di cambio terrà fortemente in considerazione i meccanismi del mercato.
Cina: correre ai ripari
Attraverso questo intervento il governo cinese ha deciso di correre ai ripari per sostenere un sistema che appare in difficoltà, dopo il recente crollo della borsa e un inatteso rallentamento dell’economia. Nel mese di luglio le esportazioni sono crollate dell’8,3% e secondo le statistiche ufficiali tra il 2011 e oggi la crescita del prodotto interno lordo (Pil) è passata dallo sfiorare il 12% a meno del 7% (la maggior parte degli economisti considera questi dati poco attendibili e ritiene che la crescita reale si aggiri in realtà intorno al 3/4 % ).
Anche la produzione industriale ha subito una brusca frenata e il debito – pubblico e privato – è raddoppiato rispetto al 2008. Le riforme economiche, che prevedevano la privatizzazione di alcune aziende di stato e una maggiore apertura del sistema finanziario, intraprese dall’”imperatore” Xi Jinping da quando è salito al potere tre anni fa, non stanno dando gli effetti sperati.
Cina: “guerra delle valute”
La doppia svalutazione ha comportato interpretazioni contrastanti tra gli economisti. Da un lato c’è chi ritiene che la mossa del governo cinese sia legata unicamente ad una liberalizzazione del tasso di cambio per permettere allo yuan di diventare una moneta di riferimento per il mercato globale. In questo modo la Cina potrà ottenere un ribasso del costo delle materie prime e risultare meno dipendente dalla domanda estera e di più da quella interna.
L’intervento permetterà inoltre ai consumatori degli altri paesi di acquistare prodotti cinesi con maggiore facilità; allo stesso modo però per i cinesi diventerà più costoso acquistare prodotti dall’estero. Dall’altro però c’è chi pensa che la mossa della People’s Bank of China faccia si che la Cina entri nella cosiddetta “guerra delle valute”, cioè quella competizioni tra banche centrali per rendere più competitiva la propria economia usando lo strumento del cambio. La svalutazione è infatti avvenuta in un momento in cui anche le monete di Australia, Corea del Sud, Singapore e Vietnam si stanno deprezzando e, dunque, rappresenterebbe quasi unicamente un segnale che il governo cinese vuole lanciare al resto del mondo.