INTERVISTA Remo Bodei: “la Buona Scuola è uno slogan”
Termometro Politico ha raggiunto il Professor Remo Bodei all’annuale Festival della Filosofia di Modena e gli ha chiesto cosa pensa della “Buona Scuola” del governo Renzi.
Come insegnare la filosofia affinché possa essere ereditato al meglio il lascito dei pensatori passati?
La tradizione italiana è legata a Gentile – che tra l’altro è stato tradito – e tende a mettere “in fila indiana” i filosofi da Talete a Foucault. Essi a scuola sono presentati come una specie di “serial killer” che ammazzano i loro predecessori prima di essere ammazzati loro, oppure si usa una sorta di sistema pantografico che riduce ai minimi termini l’insegnamento dei filosofi.
In America o in altri paesi anglosassoni, invece, la dimensione storica scompare: tutti diventano contemporanei, e non si è interessati a cosa veramente dice il singolo pensatore, ma si vuole sapere se quello che ha detto sia vero o falso.
La soluzione migliore, a mio avviso, è quella di leggere i testi e situarli nel loro ambito storico, sapendo però che i grandi filosofi non sono il riflesso del loro tempo come diceva Hegel, secondo cui la filosofia sarebbe figlia del tempo, perché le grandi filosofie sono figlie di tutti i tempi. Esse pongono dei problemi, come del resto la grande letteratura, che non si esauriscono nella tradizione.
I grandi filosofi, come le grandi opere d’arte, rinascono ogni stagione perché pongono dei problemi diversi. È importante sapere in che modo questo patrimonio possa essere trasmesso in forma attuale, senza tuttavia fare dell’attualità il punto d’arrivo delle filosofie: c’è un passato irredento che continua a fermentare. Occorre dare l’impressione che questo passato non si esaurisce nel presente – come faceva intendere il modello crociano – ma che il passato continua.
La buona scuola è quella di Gentile o quella di Renzi?
Nessuna delle due secondo me, perché obbediscono a criteri diversi. La “buona scuola” è uno slogan, in fin dei conti. La buona scuola si fa con buoni professori, e assumere centocinquantamila supplenti frustrati mi sembra una cosa giustissima.
D’altra parte però i docenti andrebbero aggiornati, perché sono demotivati. Dovrebbero istituire nuovamente i corsi di aggiornamento che negli anni 60-70 si facevano per tutti, anche per i professori di ruolo, poiché la cultura si modifica molto rapidamente.