Festival Filosofia 2015: Ereditare, ma cosa?
Festival Filosofia 2015: al via la quindicesima edizione del festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, che da venerdì 18 settembre a domenica 20 ospita numerosi appuntamenti, tra lezioni magistrali, mostre, concerti, spettacoli e degustazioni enogastronomiche. Il tema scelto quest’anno è un verbo: ereditare.
Festival Filosofia 2015: Bodei e il “debito”
Come ha spiegato in conferenza stampa il professor Remo Bodei, presidente del comitato scientifico del festival, questa parola chiave rappresenta il tentativo di arginare la frattura generazionale che sempre più sta lacerando la società contemporanea. È come se si fosse inceppata la trasmissione di saperi, valori e sentimenti; questa edizione del festival si pone quindi come un’occasione di riflessione – prova ad estirpare i rovi che impediscono alle piante di crescere, per utilizzare la parabola evangelica del buon seminatore – al fine di tendere “un ponte che rinvia al futuro”.
Se oggi il passato viene nostalgicamente idealizzato, il presente risulta difficile da rincorrere e il futuro si presenta sotto il manto dell’inquietudine, vi è una separazione che deve essere colmata. Bodei, che ha rilasciato un’intervista esclusiva per Termometro Politico, si serve di un’altra metafora, quella della gomena che si srotola e nel mentre tiene fermo il tempo qualitativo della riflessione. Uno dei punti di vista attraverso il quale il tema dell’ereditare viene affrontato è anche quello del debito, inteso non solo in termini economici, ma a tutto ciò che rimanda al dovere della sua restituzione. Altre sfaccettature sono poi quelle biologiche, culturali, quelle della sequela – ossia dell’eredità del messaggio cristiano – e della cura del pianeta, inclusi i diritti dei suoi abitanti. Possiamo quindi citare tra gli ospiti, per ciascuna delle prospettive, il filosofo Roberto Esposito, il neurobiologo Lamberto Maffei, gli storici François Hartog e Jan Assmann, il teologo Enzo Bianchi, l’attivista Vandana Shiva e il giurista Stefano Rodotà. Interverranno anche Cacciari, Galimberti, Recalcati, Zagrebelsky, Nancy e Sennett, per menzionarne altri.
Uno spazio è dedicato anche ai paradossi del tempo, sui cui verte una delle due lectio di Remo Bodei, sino a giungere alle formulazioni contemporanee del “tempo a grappolo” o alle teorie sull’inesistenza del tempo stesso.
Sarà dunque un festival che, pur vedendo la partecipazione di molti studenti, non intende sostituirsi alla scuola – semmai un “doposcuola”, ironizza Bodei – né imporre visioni dogmatiche, ma, appunto, fare in modo che la discussione possa svilupparsi con meno impedimenti, nell’auspicio di generare “nuovi circuiti neuronali”. Dal canto suo, la direttrice del festivalfilosofia Michelina Borsari ha sottolineato gli sforzi per integrare tutte le risorse autoctone della città, dall’associazionismo al collezionismo privato di opere d’arte, facendole convergere su un tema.
Festival Filosofia 2015: il divorzio tra potere e politica
Nella conferenza stampa di presentazione, il sociologo Zygmunt Bauman ha fornito un’anteprima dei suoi interventi. Partirà da un’immagine biblica, quella della Torre di Babele: vi è solamente un popolo, accomunato da un’unica lingua, e quanto ha in progetto di fare non gli può essere impossibile. Si focalizzerà quindi sulla centralità del linguaggio e del dialogo, non per prevaricare l’avversario, ma per confrontarsi e migliorarsi vicendevolmente. La confusione delle lingue, al contrario, impedisce di fare quel che si vuole. Il dialogo costituisce ciò che Bauman vorrebbe che la tradizione culturale europea consegnasse in eredità ai posteri, dal momento che ciascuno – a detta del sociologo – mette in atto, secondo modalità differenti, una propria “raccolta differenziata” di ciò che si consegna alle generazioni future e di tutto il resto che inevitabilmente cade nell’oblio.
Non si deve quindi temere di perdere l’eredità, ma si tratta invece di operare una scelta nel conflitto tra diversi concetti di eredità. Per fare un esempio: si intende ereditare l’ordinamento degli stati nazionali risalente alla pace di Westfalia (1648), con frontiere e confini stabiliti dal principio del “cuius regio, eius religio”, oppure l’Unione Europea, con il tentativo di far “amare tra loro” francesi, tedeschi e italiani, per secoli in guerra? Argomento di scottante attualità, dal momento che impostazioni differenti conducono a conclusioni dissimili.
A detta di Bauman oggigiorno il ritorno ad una sovranità territoriale potrebbe risultare velleitario, dal momento che il potere è in mano a istituzioni finanziarie, commerciali, mediatiche globali che hanno di fatto esautorato i governi. È avvenuto quello che definisce il “divorzio tra potere (globale) e politica (territoriale)”, la quale non riesce ad agire “cinque centimetri” oltre il perimetro nazionale. Se la politica non riesce a mostrarsi all’altezza delle sfide che le sono tradizionalmente di competenza ciò non sarebbe tanto colpa dei governi inetti o corrotti, quanto di un “double bind”, ossia un doppio legame che vincola il sistema di governo: da un lato ci sono gli elettori, dall’altro ci sono i mercati finanziari, che detengono il vero potere e che dettano le decisioni ai politici.