Servizio pubblico, Pd e Rai 3 ai ferri corti
A voler dare uno sguardo alla situazione del servizio pubblico radiotelevisivo italiano ed ai suoi rapporti con la politica odierna certamente non si ha la percezione di stare davanti ad una tabula rasa di contenuti. Perché se da una parte, sulla scelta dei palinsesti, oggi la grassa mangiatoia del buon vecchio tubo catodico suona sempre più spesso la campana del truculento dibattito di disordine pubblico a reti unificate, dall’altra la delicata trama degli equilibri tra il potere politico e quello dell’informazione sembra essere un magma in pieno movimento.
Vigilanza e potere
Ecco allora che la commissione di Vigilanza Rai convoca in pompa magna il direttore della terza emittente ammiraglia Rai 3, Andrea Vianello, chiedendo spiegazioni circa la preponderanza di un qual certo colore politico (leggasi troppo M5S) nelle ultime puntate del “pensatoio” di Ballarò. Evidentemente non sono bastate le novelle spinte normalizzatrici messe in campo dalla recente riforma della Rai architettata dal Governo: riforma questa peraltro non sfruttata, causa mancanza dei tempi d’approvazione, per regolare l’ultima elezione del nuovo Cda e del presidente attuale Monica Maggioni. Morale: la vigilanza e il potere interno agli organi del servizio pubblico sono stati designati con l’ultima legge ancora oggi vigente in materia in Italia, ovvero la legge Gasparri.
Pd e Rai 3: nodo del contendere
Dalle colonne del Corriere della Sera, nell’articolo di Fabrizio Roncone, apprendiamo di un forte dissidio interno alle pieghe del Partito democratico, circa gli ultimi movimenti dei palinsesti di Rai 3. Raggiunti via sms – si legge nell’articolo del Corriere – diversi esponenti del mondo parlamentare di area Pd, alcuni dei quali hanno preferito rimanere anonimi, si sono lasciati andare a quella che, se la divisione dei poteri e il diritto costituzionale contano ancora qualcosa, parrebbe essere una vera e propria ingerenza di interessi su altri interessi. “C’è un problema con Rai3 e con il Tg3, sì. Ed è un problema grande, ufficiale. Purtroppo non hanno seguito il percorso del Partito democratico: non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario, Matteo Renzi, il quale poi è diventato anche premier. Niente, non se ne sono proprio accorti! E così il Pd viene regolarmente maltrattato e l’attività del governo criticata come nemmeno ai tempi di Berlusconi”. Queste, tra le altre di una tinta similare, le dichiarazioni di Michele Anzaldi, membro interno della commissione di Vigilanza in forza al Pd.
La replica di Vianello
Puntuale è arrivata la replica dell’uomo trascinato all’interno dell’occhio del ciclone, il direttore di Rai 3 Andrea Vianello, il quale, difendendo il talk show condotto da Massimo Giannini, ha tenuto a puntualizzare come l’indipendenza del servizio pubblico debba restare un pilastro imprescindibile alla base della divulgazione odierna: “Io penso che una rete che fa servizio pubblico non debba avere come riferimento un partito, ma i cittadini”. “Davanti alla commissione di Vigilanza” – ha aggiunto Vianello – “non sono stato arrogante, proprio no. Piuttosto, con rispetto, e anche con stupore per essere stato convocato lì, ho chiesto di poter essere giudicati nell’arco di una stagione, e non dopo due puntate”.
Insomma con l’arrivo dell’era Renzi, sembra siano decisamente finiti i tempi in cui “qualcuno era comunista perché guardava solo Rai 3”.
Riccardo Piazza