Fondazione AN: Il destino della destra italiana nella battaglia finale per il patrimonio
La disgregazione ed il conflitto interno alla destra sembra crescere di giorno in giorno. Nuova occasione di conflitto riguarda il controllo della Fondazione AN, organo riconducibile alla (un tempo unita) destra italiana. Un universo oggi smembrato in una moltitudine di formazioni distanti su vari fronti ma, al contrario, accumunati nel rivendicare la legittima paternità della Fondazione, che significherebbe poter controllare un patrimonio stimato approssimativamente in 180 milioni di Euro tra liquidità – 50 milioni di Euro – ed immobili, circa cento sparsi in tutta Italia.
In tempi di complessiva erosione del finanziamento pubblico ai partiti, che hanno casse sempre più ridotte all’osso, le varie formazioni della destra italiana sembrano non riuscire a resistere ad una tentazione così grande. I primi a farsi avanti e a porre il tema al centro del dibattito dell’Assemblea della Fondazione, che si terrà oggi e domani, sono sei rampanti quarantenni, all’apparenza parvenu, ma alle cui spalle si scorgono nomi più che noti, come quelli di Alemanno, Bocchino, Menia, Consolo, fino ad arrivare all’ex capo indiscusso dell’AN che fu, Gianfranco Fini.
Controllare la Fondazione significa per loro avere una base patrimoniale più che consistente per lanciare una nuova formazione di destra alternativa alla Lega di Salvini, ma anche a Silvio Berlusconi, sempre più nel pieno della sua parabola discendente.
I risvolti della questione non sono dunque solo economici, ma anche politici, come dimostrato dalla presenza di Alemanno e Bocchino alla conferenza stampa con cui i sei pretendenti hanno annunciato la loro intenzione di candidarsi a controllori della Fondazione. In questa occasione, Italo Bocchino ha voluto esplicitare la sua posizione: «Qui ci sono i miei amici, non sto in prima fila ma ci sono».
I piani di questa seppure significativa rappresentanza dell’ex Alleanza Nazionale sembrano però essere in totale antitesi con un’altra fetta del vecchio partito. A guidare la rivolta contro la cordata dei sei per il controllo della Fondazione è infatti Giorgia Meloni, che con il suo Fratelli d’Italia mira ad essere riconosciuta come erede legittima della destra che fu. Per lei non serve creare un nuovo soggetto di destra dal momento che esiste già Fratelli d’Italia.
Fondazione AN: le fazioni in campo
Insieme a Meloni si sono schierati Matteoli e Gasparri, autori di una specifica mozione in vista del voto finale previsto per domenica, giornata di chiusura dell’Assemblea. Gasparri ha infatti dichiarato: «Siamo contrari all’uso politico del patrimonio e se le cose dovessero degenerare, meglio restituire tutto allo Stato: dopo gli scandali di Montecarlo e Roma, la destra non può permettersi ambiguità».
A non vedere di buon occhio l’operazione targata Alemanno e Bocchino, tuttavia, ci sono altre voci di peso della destra italiana, come la stessa moglie dell’ex sindaco di Roma, Isabella Rauti, o Assunta Almirante, schierata contro “un’operazione che non ha nulla di ideologico, mirata solo ad appropriarsi del tesoro”.
Il clima è reso ancora più teso dal rendiconto della gestione degli ultimi quattro anni, durante i quali ben 28 milioni di Euro sono stati usati per finanziare le campagne elettorali di consiglieri comunali e regionali ex An, nonché manifestazioni politiche e culturali di area. Altri 4 milioni sarebbero stati destinati alle battaglie legali legate alle varie scissioni che hanno interessato la vecchia Alleanza Nazionale e di cui avrebbero beneficiato una serie di avvocati vicini alla destra.
Una soluzione di mediazione è stata proposta da un altro cofondatore di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa, che attraverso una specifica mozione ha aperto all’organizzazione di un congresso del suo partito con il coinvolgimento per metà dei soci della Fondazione.
Questa soluzione non è stata accolta con favore dalla cordata dei sei i quali si sentono oggi in una posizione di vantaggio. Ben 293 soggetti sui 780 aventi diritto al voto hanno infatti già firmato il loro documento programmatico, che di fatto mira alla trasformazione della Fondazione in una rinnovata AN.
E c’è già chi auspica un ritorno di Gianfranco Fini, che però dal canto suo, come da copione, smentisce ogni coinvolgimento: “Non ci sarò domenica, non sono nemmeno iscritto alla Fondazione, leggerò i risultati del voto, non aggiungo altro”.
Silvia Barbieri