Fondazione An, vince la linea di Fratelli d’Italia

Pubblicato il 5 Ottobre 2015 alle 10:48 Autore: Gabriele Maestri
immagine dall'assemblea della fondazione an del 3 e 4 ottobre a roma

Alla fine l’accordo che qualcuno aveva sperato non c’è stato: la conta sulle mozioni presentate all’assemblea degli aderenti alla Fondazione An è stata inevitabile. Sarebbe facile dire che ha vinto la linea di Fratelli d’Italia e ha perso quella dei “quarantenni” e di chi, come Gianni Alemanno, li aveva sostenuti con maggiore forza. In realtà la situazione è un po’ più complessa.

Il primo numero della giornata di ieri riguarda i partecipanti al voto: 490, su quasi 600 aventi diritto regolarmente iscritti, mentre nella prima assemblea (a dicembre del 2013) avevano votato in 306 su 693 aventi diritto. La partecipazione è stata più consistente stavolta (del resto alcuni, specialmente i sostenitori della “mozione dei quarantenni”, preparavano l’evento da mesi), ma il calo di aderenti alla Fondazione, a quattro anni dall’avvio e a due anni dal precedente appuntamento, è un segno da non trascurare.

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Il dato che fa più notizia, ovviamente, riguarda il consenso delle mozioni presentate: è stato approvato con 266 voti su 490 il testo a prima firma di Ignazio La Russa (Fondazione per l’Italia), che puntava a rinnovare a Fratelli d’Italia la concessione del simbolo di Alleanza nazionale, in attesa di un nuovo “congresso costituente” del partito che aprisse a chi si riconosce nei valori della maggiore formazione di destra attiva fino al 2009. Bocciate invece le mozioni “dei quarantenni”, con 222 voti, e quello a firma di Nicola Bono e Vincenzo Zaccheo con cui si chiedeva di “congelare” il simbolo per evitare che diventasse “motivo di lotta” (212 voti su 490). Ritirata invece la mozione con primi firmatari Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, che intendeva preservare in tutto e per tutto il ruolo solo culturale della Fondazione An: lo stesso Gasparri, in un intervento ieri mattina, ha invitato a votare la mozione La Russa.

Hanno vinto dunque Fratelli d’Italia e la Meloni, sconfiggendo “la mozione dei risentimenti” e “Fini, Alemanno, Bocchino, insieme ai tesserati del partito di Alfano tra cui Roberta Angelilli, in fila a votare per loro”, come ha scritto sui social network il deputato di Fdi Fabio Rampelli? Sì e no. Di certo, numeri alla mano, il progetto di Fratelli d’Italia ha convinto più delegati, tra quelli che potevano votare e lo hanno fatto; la mozione che La Russa aveva presentato “per mettere d’accordo tutti”, però, ha vinto solo di misura, raccogliendo meno consenso di quanto era naturale aspettarsi (e il risultato positivo è comunque debitore del sostegno di chi avrebbe votato la mozione Matteoli-Gasparri), per cui il progetto di allargamento di Fdi a chi si riconosce nei valori di An potrebbe non essere semplice e non coinvolgere tutta la platea interessata.

roma mafia capitale

Quanto alla “mozione dei quarantenni”, dopo il dibattito i primi firmatari avevano parlato di “spaccatura progettuale e generazionale” tra la loro proposta e “l’accordo tra storici colonnelli ex An”. Il risultato ottenuto (poco più del 45% dei voti) non è trascurabile, segno che l’idea di far nascere un nuovo partito di destra (che comprendesse Fdi senza che questo assorbisse altre posizioni) con l’appoggio della Fondazione An aveva convinto più di qualcuno; il lavoro preparatorio di un anno, nella cornice di ForumDestra e con l’impegno concreto soprattutto di Prima l’Italia, non è però bastato a far approvare la mozione, anche se per poco – cosa che, al di là di dichiarazioni come “l’importante è combattere le battaglie in cui credi” (Francesco Biava, vicepresidente della Fondazione An) e “siamo molto orgogliosi della nostra battaglia per una #DestraUnita” (Gianni Alemanno), non rende necessariamente meno dolorosa la sconfitta.

Si riparte dunque da Fratelli d’Italia, che continuerà a poter usare nel proprio contrassegno il simbolo di An ma dovrà impegnarsi a non ostacolare l’ingresso di ex An nel partito (purché non si siano posti in contraddizione con gli antichi valori di quell’area); Alemanno, invece, sarebbe pronto a impegnarsi a costruire “un movimento per la Destra unita”. In che modo e con quali forze, è presto per dirlo.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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