Unioni civili, spunta una nuova proposta
Unioni civili sì, unioni civili no. Troverà forse riscontro la previsione lanciata nel luglio scorso dal premier Matteo Renzi che aveva ipotizzato l’approvazione del ddl entro il 15 ottobre. Un termine fissato non tanto per l’urgenza del riconoscimento di un diritto, quanto per la condanna inflitta da Strasburgo all’Italia, rea di aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di tre coppie omosessuali.
I tempi stringono ma il Governo procede a spron battuto. Proprio ieri il premier Renzi ha presentato un nuovo disegno di legge.
Unioni civli, gli aspetti nodali della proposta di legge
Nella nuova proposta di legge sul tema delle unioni civili è stato depennato ogni riferimento al matrimonio ed è stata invece introdotta una nuova formula, quelle delle “formazioni sociali”, espressione mutuata dall’articolo 2 della Costituzione.
Viene quindi rimarcata la distinzione tra matrimoni e unioni civili e sono stati cassati tutti riferimenti agli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio.
Stretta anche sulla “stepchild adoption”, per venire incontro alle istanze dei cattolici alfaniani.
Secondo il testo Cirinnà, infatti, un partner avrebbe potuto adottare anche il figlio adottivo dell’altro coniuge, mentre nel ddl presentato ieri dalla maggioranza un coniuge potrà adottare soltanto il figlio naturale del partner.
Resta, invece, invariata la parte sulla reversibilità delle pensioni delle coppie gay sulle cui coperture le opposizioni hanno sollevato non pochi dubbi. Stando al nuovo testo però le spese sarebbero coperte per una parte da un Fondo per interventi strutturali di politica economica e per un’altra dai Fondi riserva del Tesoro.
Questi in sintesi gli aspetti essenziali del nuovo ddl che potrà però ancora cambiare fisionomia. Il Governo infatti si è riservato la possibilità di apportare modifiche entro 24 mesi dalla data di approvazione, attraverso i cosiddetti “decreti correttivi”.
Unioni civli, le proteste delle opposizioni
La proposta pur “allentando” le indicazioni inserite dal primo testo di legge firmato dalla senatrice dem Monica Cirinnà, ora all’esame della Commissione Giustizia del Senato, ridesta vecchie acredini tra i centristi e i democratici. A elevare i toni sono proprio gli alfaniani e gli esponenti di Forza Italia che accusano il Pd di voler legittimare la pratica dell’utero in affitto per le coppie gay. Per questa ragione tra gli emendamenti al testo di legge, è stata proposta l’introduzione del reato universale di “surrogazione di maternità”. Ciò vuol dire che se anche si “commissionasse” una gravidanza in un paese in cui tale pratica non è considerata un reato, in Italia resterebbe comunque perseguibile.
Alle accuse lanciate dai cattolici di Area Popolare (il presidente Maurizio Lupi ha parlato di “inaccettabile forzatura”), il Pd dal canto suo ha replicato “ non esiste alcuna correlazione tra le unioni civili e la pratica dell’utero in affitto”.
Polemiche o no, Palazzo Chigi tiene il piede sull’acceleratore e conta di arrivare a votare le riforme già a partire da sabato.
Marianna D’Alessio