Governo Portogallo: la crisi di Coelho e l’ascesa della sinistra radicale
A 20 giorni dalle elezioni, in Portogallo si configura come verosimile la costituzione di un governo guidato da una coalizione composta dai Socialisti – guidati da Antonio Costa – ma anche dalle formazioni del Blocco di Sinistra e dei Comunisti. Questa circostanza appare come un sostanziale ridisegno dell’architettura di governo portoghese dopo 11 anni di prevalenza delle formazioni più conservatrici. Questo nonostante le elezioni del 4 ottobre scorso avessero delineato un quadro di sostanziale riconferma della coalizione di centro-destra, PaF (Portogallo Avanti) guidata dal Primo Ministro Pedro Passos Coelho.
Governo Portogallo: strada in salita per Coelho
In realtà, le urne non avevano soddisfatto le aspettative dei due maggiori contendenti in campo, PaF e Socialisti, regalando una situazione di incertezza sin dalle prime battute. Il centro-destra si è infatti affermato come formazione vincitrice, ma solo con il 36,8 % dei voti, percentuale ben distante dall’auspicata maggioranza assoluta. La conseguente perdita di ben 17 seggi ha reso impossibile per i conservatori poter contare su una maggioranza parlamentare autonoma capace di sostenere un nuovo governo di Coelho.
Ad affermarsi come secondo partito, con un risultato inferiore alle aspettative ma che comunque non suonava come una débâcle, i Socialisti di Costa, ex sindaco di Lisbona, che con il 32,4 % di voti è riuscito comunque a conquistare ben 85 seggi, solo 14 in meno rispetto al PaF.
Coelho, dal canto suo, era convinto di poter riuscire comunque ad affermare la propria vittoria “di misura” formando un governo di minoranza grazie ad una possibile astensione dei Socialisti al momento del voto di fiducia, contando sulla leva di possibili cambiamenti al programma e al comune impegno per mantenere il Portogallo nell’area Euro.
Questo quadro è stato scardinato tuttavia dalla vera sorpresa elettorale, ovvero il risultato delle sinistre più radicali che sono andate ben oltre le più rosee aspettative. In prima battuta il Blocco di Sinistra, spesso soprannominato “la Syriza del Portogallo”, ma anche i Comunisti anti-euro. Insieme queste formazioni hanno guadagnato il 18,5% dei voti e 36 seggi in Parlamento.
Per i commentatori internazionali, visti nel loro complesso, questi risultati hanno messo in evidenza la totale insoddisfazione verso le politiche di austerità portate avanti dal centro destra e un netto segnale di sostegno alle forze antieuropeiste. Queste le ragioni per cui Antonio Costa, nonostante i corteggiamenti di Coelho per ottenere il sostegno esterno dei Socialisti al suo progetto di governo, dopo vari giorni di trattative serrate, ha annunciato il raggiungimento di uno storico accordo con il Blocco di Sinistra e con i Comunisti per mettere sul piatto una proposta di governo sostenuta da una maggioranza politica pari al 51%.
Governo Portogallo: l’alternativa di sinistra
In questo senso l’alleanza tra queste tre forze di sinistra si configura come l’unica soluzione per dare un governo stabile al Portogallo. Stabilità interna potrebbe tuttavia significare instabilità nelle relazioni internazionali, soprattutto incrinando i rapporti con l’Unione Europea ed in particolare con gli Stati membri dell’Eurozona. Questo ovviamente nella convinzione che un eventuale governo di sinistra possa fare marcia indietro sulle politiche di austerità sin qui portate avanti dai conservatori, che hanno interessato dal 2011 misure per 78 miliardi di euro, con effetti negativi anche sulla timida ripresa economica portoghese dell’ultimo anno.
Se Costa ha voluto spendere parole rassicuranti sul fatto che non rinnegherà le sue posizioni favorevoli al posizionamento deciso del Portogallo nell’Eurozona, è pur vero che le condizioni poste dal Blocco di Sinistra per giungere ad un accordo hanno riguardato la protezione del lavoro, dei salari e delle pensioni. Aree di convergenza su cui la sinistra potrebbe realizzare interventi quali l’introduzione del salario minimo, la sospensione di ulteriori revisioni dello stato sociale e la fuoriuscita dall’agenda politica di interventi importanti come l’ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro o la riduzione del carico fiscale.
Le preoccupazioni rispetto alla capacità di una eventuale coalizione di sinistra di mantenere il rispetto dei patti con l’Europa sembrano per ora essere prese in forte considerazione dal Presidente della Repubblica portoghese Anìbal Cavaco Silva, che comunque, ha mantenuto stretta fedeltà alle consuetudini costituzionali invitando il leader del partito di maggioranza relativa, FpA, Coelho a tentare la formazione di un governo di minoranza.
Nel suo discorso alla Nazione, Silva ha mandato un chiaro messaggio riguardo il suo scarso apprezzamento per l’alleanza che i Socialisti hanno costruito con il Blocco di Sinistra ed i Comunisti. Il Presidente ha sottolineato tra le altre cose come “In 40 anni di democrazia, nessun governo portoghese è dipeso dal supporto di forze auti-europeiste, ovvero da forze che sostenevano l’abrogazione del Trattato di Lisbona, del Fiscal Compact, del Patto per la Crescita e la Stabilità, così come lo smantellamento dell’unione monetaria e la fuoriuscita del Portogallo dall’Euro, oltre che lo scioglimento della NATO. Questo è il peggior momento per un cambiamento radicali delle fondamenta della nostra democrazia”.
Insomma, parole dure in favore della continuità nel governo del Paese, che tuttavia ben difficilmente potrà essere realmente realizzata. Coelho ha infatti preparato una mozione di fiducia da sottoporre alla discussione del Parlamento lunedì prossimo per essere votato già martedì. Il leader conservatore ha tentato un ultimo appello a Costa, dichiarandosi “permanentemente pronto ad un compromesso con i Socialisti”. Appello che il leader Socialista ha prontamente rispedito al mittente, segnando il ritorno, ormai quasi inevitabile, dello FpA di Coelho tra i banchi dell’opposizione.