ISIS Siria: Putin vuole una coalizione internazionale contro il terrorismo, ma non sarà facile
Il giorno successivo ai crudeli attacchi alla popolazione civile di Parigi, il presidente russo Vladimir Putin, ha prontamente inviato un telegramma al suo omologo francese François Hollande, biasimando la “natura barbara del terrorismo, che sfida la civiltà umana” e ha chiesto l’unità nella lotta contro questo “male”. Le parole espresse dal russo suonano molto simili alla comunicazione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che, a sua volta ha deplorato “l’attacco a tutta l’umanità e ai valori universali che condividiamo”; eppure, tra i due messaggi esiste una differenza fondamentale: i “valori universali che condividiamo”. Tale diversità è stata ancora più risaltata dal cordoglio del cancelliere tedesco Angela Merkel, nel quale ha espresso fiducia “nella forza dei valori comuni”: termini e concetti che Putin non può sostenere. Invece, il presidente russo continua a chiamare per una vasta coalizione contro il terrorismo internazionale; anche se una Russia che riduce le libertà e i salari interni per sostenere una “guerra ibrida” contro l’Ucraina, è improbabile che sia pienamente accettata come un partner affidabile in una eventuale coalizione.
ISIS Siria: alla ricerca di una coalizione
Mentre i parigini sabato mattina si sono svegliati con la loro città bloccata dell’emergenza terrorismo, a Vienna si stava aprendo il secondo round dei colloqui multilaterali sulla gestione della crisi siriana. Dopo cinque ore di colloqui, la riunione ha registrato un altro piccolo passo in avanti nella lunga transizione politica, quando i partecipanti hanno coinvolto anche l’opposizione siriana, escludendo il Fronte al-Nusra, considerato un gruppo terroristico.
A Vienna, i diplomatici non si sono espressi sull’eventualità di coinvolgere direttamente nella transizione anche il presidente siriano Bashar al-Assad, mentre Mosca è sempre rimasta molto vaga sulle sorti del regime siriano. In effetti, l’intervento militare russo in Siria è entrato in un vicolo cieco: ulteriori attacchi aerei non sembrano in grado di fare la differenza sul terreno, mentre continuano ad aumentare i rischi di contrattempi tecnici e attacchi terroristici. L’obiettivo chiave della forza russa non è mai stato quello di sconfiggere il cosiddetto Stato islamico; ma ora Mosca deve affrontare la minaccia di attacchi terroristici, in particolare nel fumante Caucaso del Nord.
Putin è sembrato desideroso d’approfondire l’esperienza russa in questo tipo di pericoli al vertice dei G20 ad Antalya, in Turchia, e probabilmente presuppone di girare a suo vantaggio il cambiamento di clima siriano. Il presidente russo, piuttosto bruscamente, ha deciso di non partecipare a Manila al vertice Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) di questa settimana, ma ha premuto per avere a margine del G20 un breve incontro con Obama per discutere le operazioni militari in Siria.
Putin, ovviamente, vuole raccogliere il massimo dividendo dalla presunta posizione di forza che la Russia si è costruita in Siria, e cerca di convincere il riluttante e confuso Occidente ad accettare finalmente la pagina di un conflitto “congelato” in Ucraina e a riconoscere la Russia come un potere “indispensabile” sulla scena internazionale. Le rinnovate violazioni del cessate il fuoco nel Donbass dovrebbero sottolineare la sua tesi, pur richiamando la specificità russa nel manipolare i conflitti.
Obama non può ignorare che Putin ha trascorso gran parte della scorsa settimana in incontri con i suoi vertici per studiare il potenziamento delle sue capacità militari, in particolare la modernizzazione di quelle nucleari strategiche. L’organizzata “fuga” di notizie sulla “bomba sporca” installata su un siluro autonomo a lungo raggio, in grado d’infliggere enormi danni radioattivi alle zone costiere, è particolarmente preoccupante. Tuttavia, Putin sembra saldamente impostato ad usare le armi nucleari come strumenti di politica, e il lancio di prova – dal sottomarino di nuova costruzione Vladimir Monomakh – di due missili Bulava durante la metà del vertice del G20, ha esemplificato questo scopo. Egli è riuscito a convincere gli Stati Uniti e l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) a prendere sul serio le ambizioni nucleari russe, anche se difficilmente ciò li spingerà ad abbracciare la Russia come un partner nella lotta contro il terrorismo.
Isis Siria: Putin e il ruolo degli USA
Per sua stessa natura, l’istituzione del G20 – concentrandosi sul rendimento economico – misura le capacità dei suoi Stati membri di contribuire alla gestione delle problematiche d’importanza globale – compreso il terrorismo – e, a questo proposito, la Federazione russa si è laureata come un piantagrane. La Russia non può sperare che un nuovo picco dei prezzi del petrolio possa fornire una soluzione miracolosa ai suoi maligni problemi. Inoltre, non può riconoscere quale danno abbia inflitto alla sua reputazione internazionale la rivelazione del programma di “doping statale”, che ha portato l’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica a sospendere gli atleti russi dalle gare. Il governo promette che la recessione russa si concluderà entro la metà del 2016; ma varia costantemente i propri orientamenti di bilancio, tratti sulla base dei prezzi del petrolio, vicino a 50 dollari al barile. La protesta, sorprendentemente determinata, dei camionisti russi contro una nuova tassa legata all’uso delle strade federali, può essere il primo segno di fallimento del governo.
Se si erodono le basi economiche del paese, s’indebolisce la politica estera, e una tale situazione potrebbe spingere il presidente ad agire preventivamente e senza ampie valutazioni delle conseguenze: questo potrebbe rendere perplessi gli avversari occidentali e anche gli “amici” cinesi, o kazaki e turchi. Mikhail Khodorkovsky – potente imprenditore “inviso” a Putin, arrestato ed in seguito amnistiato dalla Duma – avverte che gli sforzi comuni contro il terrorismo, utili come potrebbero sembrare, non saranno in grado di superare le differenze intrinseche dei valori che ora dividono la Russia e l’Occidente. Per forgiare l’unità occidentale e porre fine alla guerra siriana, nonché risolvere la crisi Ucraina, è necessaria una nuova qualità della leadership americana, requisito che potrebbe aiutare la Russia a riavvicinarsi all’Occidente.
Gabrielis Bedris