Turchia e Russia, la forza di gravità e la gravità della forza: quanto pesa per l’Occidente quell’aereo russo abbattuto
Ieri, durante le prime ore della mattina, sul crinale Nord del confine tra la Siria e la Turchia – non lontano dal fiume Oronte e nel pieno dell’insanguinato fronte del Medio Oriente – un jet militare russo modello Sukhoi Su-24 è rovinato al suolo, abbattuto dalle forze di difesa turche. Secondo le fonti governative anatoliche, l’aereo russo abbattuto era stato più volte avvertito, invano, circa lo sconfinamento nello spazio dell’etere di competenza turca. I due piloti del velivolo si sarebbero paracadutati fuori dall’abitacolo in tempo. Uno dei due sarebbe morto mentre il secondo, stando a quanto riportato in questi minuti dal ministero della Difesa russo, sarebbe vivo e appena rientrato presso la base aerea utilizzata dalla Russia all’interno del territorio siriano. Il casus belli potrebbe esacerbare i difficili equilibri della già flebile coalizione internazionale occidentale che ad oggi combatte l’avanzata sul terreno dell’autoproclamato Stato Islamico agli ordini del Califfo Al-Baghdadi.
Aereo russo abbattuto: Turchia e Russia a confronto
In queste ore le pacificazioni diplomatiche palesate dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, “in questo momento di pericolo bisogna cercare di mantenere i nervi saldi e la calma”, ed il fermo supporto espresso del segretario generale del Consiglio di sicurezza della NATO Stoltenberg nei confronti dell’alleato turco, e dunque della liceità delle sue azioni di difesa militare, potrebbero frenare gli intenti di azioni seriamente bellicose e revansciste da parte di Vladimir Putin, per prospettare nuovi inediti scenari.
Di certo quel jet russo rischia di cambiare non poco i pesi degli equilibri internazionali, in un territorio strategicamente vitale per le sorti dell’intero Occidente. Nelle ore immediatamente successive all’evento, Putin ha parlato di “pugnalata alla schiena da parte di chi aiuta i terroristi”, sostenendo la tesi del suo ministero della Difesa secondo cui l’aereo russo non si sarebbe trovato in territorio strategico turco, ma siriano, a 6000 metri d’altezza. Naturalmente contrarie le rivendicazioni turche incentrate sul diritto alla difesa del proprio spazio aereo e appoggiate, sempre nella giornata di ieri, anche dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
Turchia e Russia: ciò che la Realpolitik nasconde
Assistiamo oggi ad un dipanarsi delle vicende ambiguo e divergente: la timida Realpolitik della guerra all’Isis, che i recenti attentati di Parigi hanno riportato a livello di un brusio fastidioso nelle orecchie dei capi di Stato occidentali accompagnato da poco efficaci strategie di reazione rabbiosa quanto poco razionale, sembra oggi scontrarsi con un maglio di interessi molteplici che il Medio Oriente, alla stregua di un forziere ancora da depredare, costituisce per le lunghe mani delle bulimiche democrazie liberali.
Anche i rapporti tra Russia e Turchia, fino a ieri, hanno risentito dell’unico buon influsso di tale debole politica del controllo comune, seppur con scopi e mire differenti. Basti ricordare, per fare soltanto un esempio, che la Russia è il secondo miglior esportatore di gas naturale per la Turchia: il 60 per cento degli approvvigionamenti proviene da Mosca (da oggi magari nelle condutture di Ankara ne scorrerà un po’ meno).
La Turchia persevera ancora nella sua ambiguità di fondo, divisa a metà tra una incoerente lotta al Califfato nero e una continua azione di contrasto nei confronti dei combattenti curdi del PKK, combattenti che la coalizione internazionale a guida americana considera fondamentali pedine sul campo per arginare l’avanzata dell’Isis sunnita. Putin, dal canto suo, con un occhio di riguardo al regime siriano di Bashar Assad, totalmente inviso alle forze di sicurezza occidentali, ma utile al mantenimento di una buona egemonia territoriale grazie anche alle numerose basi militari d’appoggio – Latakia su tutte – non sembra voler mollare la presa su una sfera di influenza geopolitica ed economica sempre più larga.
Quello di oggi è in realtà un contrasto di origini remote. Prescindendo dagli sviluppi che la vicenda dell’abbattimento del jet russo Sukhoi Su-24 potrà avere, le tensioni territoriali tra Ankara e Mosca affondano le loro genesi ontologiche nei secoli. Esempi delle turbolente ostentazioni di potere portate avanti dalle due impulsive capitali sono le guerre di rivendicazione etnico-religiosa del XIX secolo dei cristiani di ceppo slavo, appoggiati dagli Zar contro le mire dell’Impero Ottomano, culminate nelle modifiche territoriali ratificate a Berlino nel 1878. Ora tocca a Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, i protagonisti dell’ennesimo capitolo di frizioni plurisecolari.
Riccardo Piazza