Renzi-Merkel: perché il premier va all’attacco dell’Europa
Renzi-Merkel: le tappe di un rapporto accidentato
I rapporti tra Matteo Renzi e Angela Merkel non sono più quelli di una volta. Ieri è arrivato il primo vero affondo del premier italiano alla Cancelliera di ferro durante la riunione del Consiglio Europeo a Bruxelles. Non potete raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela” ha attaccato Renzi durante una discussione sull’Unione economica e monetaria (Emu). “Io non attacco la Germania e non la attaccherò mai – ha ribadito il Presidente del Consiglio in conferenza stampa – ma ho detto che quando si tende a far credere che la Germania sia il donatore di sangue dell’Europa non è proprio così. Io credo che non sia così e ho fatto degli esempi concreti. Possiamo farlo perché siamo l’Italia, vorrei che non ci fosse l’impressione che se l’Italia pone domande allora vuol dire che si mette contro qualcuno. Io voglio portare un grande Paese al tavolo, non un Paese che ha paura della propria ombra”. Conclusione: “dobbiamo uscire da questa cultura della subalternità“.
I fronti aperti con l’Europa (e con la Germania) sono tanti: depositi bancari, i gasdotti North e South Stream (quest’ultimo stoppato a tempo indeterminato) per il trasporto di gas russo nel resto del continente, la procedura di infrazione aperta contro l’Italia sugli hot spot per registrare i richiedenti asilo, le sanzioni contro la Russia, la redistribuzione dei migranti e infine la flessibilità richiesta dal governo dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre. Eppure, se vogliamo capirci qualcosa in più sui motivi della rottura tra il Presidente del Consiglio e la Cancelliera tedesca dobbiamo allargare l’obiettivo della nostra telecamera e fare qualche passo indietro.
Renzi-Merkel atto I: contro austerity e 3%
Prima di diventare Presidente del Consiglio, Matteo Renzi tuonava un giorno sì e l’altro pure contro le politiche di austerity dell’Unione a guida tedesca. Uno dei paragrafi della mozione congressuale dell’allora sindaco di Firenze si intitolava proprio “superare il tre per cento”. Svolgimento: “Superare l’austerity come religione e i conti come fine è il primo passo per costruire una Europa politica che sappia scegliere e non solo amministrare”. “Il rapporto deficit/pil al 3% – scriveva Renzi – è un parametro anacronistico” sia perché rispetto al 1992 oggi “la media del debito nell’area euro è il 90% e il tasso di crescita medio è molto più basso del 3%” sia perché “il 3% soffre di problemi di credibilità…quando nel 2003 l’hanno violato Francia e Germania, si è preferito sospendere il Patto di Stabilità piuttosto che applicare la sanzione”.
Renzi-Merkel atto II: con la Germania contro Tsipras
Con l’insediamento a Palazzo Chigi (do you remember #enricostaisereno?) la linea politica nei confronti dell’Europa è completamente cambiata. La prima visita ufficiale a Berlino risale al 17 marzo 2014 quando Angela Merkel, oltre a definirsi “impressionata” (stessa formula usata con Prodi, Berlusconi, Monti e Letta), si era fatta scappare un “Hut ab!”, letteralmente “tanto di cappello!”, rivolto al giovane premier italiano. Da quel momento in poi il governo Renzi si è sempre schierato a fianco della Cancelliera di ferro: sulla politica monetaria, sulla crisi dei migranti e in particolare sull’affaire Grecia. In occasione del referendum greco era stato proprio il Presidente del Consiglio a sostenere la coppia Merkel-Schaüble contro il premier greco Alexis Tsipras. “Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un’altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta” aveva dichiarato Renzi.
Poi sono seguite le visite della Cancelliera in Italia. Prima nella Firenze del premier e poi all’Expo di Milano. “Finalmente riforme anche in Italia”, “il governo sta facendo un piano di riforme molto ambizioso e molto importante che porterà sicuramente dei risultati”, “gli imprenditori tedeschi ora possono assumere in Italia” erano stati i passaggi più importanti della visita di Merkel nel capoluogo toscano (gennaio scorso). Poi, ad agosto, un nuovo vertice bilaterale tra i due a Expo con “l’accordo del decumano” sulla flessibilità richiesta dall’Italia per il 2016. Tutto bene, insomma. Fino a qualche giorno fa.
Renzi-Merkel atto III: “dagli” all’Europa dei banchieri
Ieri, la virata del premier. Il momento per il governo è difficile: il caso banche, l’accusa di conflitto d’interessi rivolto al ministro Maria Elena Boschi, i sondaggi non proprio positivi, la guerra all’Isis, le amministrative alle porte, un’economia che non riparte. Così torna il nemico di un tempo: l’Europa.
Oggi Renzi sembra muoversi su un doppio binario. Da una parte il premier, preoccupato degli ultimi risultati delle elezioni regionali in Francia, non vuole lasciare spazio a quelle forze anti-sistema – M5S e Lega in primis – che fanno della lotta alle politiche di rigore europeo il proprio cavallo di battaglia. Così nel pre-vertice con i leader del Partito Socialista Europeo (PSE) dell’altro ieri, Renzi aveva attaccato a testa bassa la “strategia tedesca” perché “l’Europa non può essere guidata da un solo Paese, la Germania, e dalle politiche imposte dal fronte dell’austerità”.
Dall’altra parte il Presidente del Consiglio si sente completamente tagliato fuori da tutti i salotti della diplomazia europea. Al pre-vertice sui migranti, per fare un esempio, tra i nove paesi invitati l’Italia non c’era. Eppure il nostro, insieme alla Grecia, è forse lo Stato membro più coinvolto nella crisi dei migranti provenienti dal medio-oriente e dal Nord Africa. Renzi non è stato invitato neppure ai colloqui di Minsk sulla crisi della Crimea e, tra i principali leader europei, è stato quello che ha ottenuto meno considerazione dal Presidente francese Hollande dopo gli attentati di Parigi di un mese fa. Infatti nessuno all’interno del Consiglio Europeo si è strappato i capelli per la decisione del governo italiano di non seguire Francia, Gran Bretagna e Germania (oltre che Russia e Stati Uniti) nei bombardamenti in Siria e in Iraq contro lo Stato Islamico. E tutto questo in barba ad una nomina, quella di Federica Mogherini come Lady Pesc, che aveva fatto pensare ad un maggior coinvolgimento italiano in politica internazionale. Invece, nulla. Così il Presidente del Consiglio sembra soffrire di un complesso di inferiorità nei confronti delle altre potenze europee. Soluzione: andare all’attacco per recuperare un po’ di credito di fronte all’asse franco-tedesco.
Ora, il quesito è: funzionerà questa strategia o produrrà l’effetto contrario? Si vedrà, ma intanto le frecciate di Renzi hanno prodotto i primi malumori a Bruxelles, e soprattutto a Berlino. “Matteo sta diventando il nuovo Berlusconi” avrebbe replicato un alto funzionario tedesco citato da Repubblica. La partita è ufficialmente iniziata.
Giacomo Salvini
Twitter @salvini_giacomo