Occupazione in Italia: nonostante i proclami, continua a calare sotto i 50 anni
Occupazione in Italia: nonostante i proclami, continua a calare sotto i 50 anni
Il segno più è arrivato, la disoccupazione diminuisce, gli italiani tornano a lavorare. In definitiva, si deve essere soddisfatti e positivi verso il futuro.
Questo è il messaggio che da parte del governo tramite i media viene veicolato.
Legittimamente del resto, perchè formalmente non ci sono menzogne. Il diavolo però come sempre sta nei dettagli.
E così come per gli altri indici che ci vedono sempre in coda all’Europa, anche in questo caso non tutto è così rosa.
Occupazione in Italia: il calo della disoccupazione che inganna
Innanzitutto i dati.
A novembre dopo due mesi di calo l’occupazione totale ha ricominciato a salire anche senza raggiungere il picco di agosto.
Allo stesso tempo la disoccupazione ha proseguito la sua discesa, fino al 11,3%, quindi quasi due punti meno dello scorso anno, e più delle attese.
Anche se la gran parte di quest’ultimo risultato è da attribuire all’effetto dell’aumento dell’inattività, un fenomeno che forse non ci si aspettava, vista la continua diminuzione dall’inizio della crisi. Si pensava che la diminuzione degli under 65enni in pensione e delle donne che non cercavano un lavoro avrebbe portato l’Italia ad allinearsi agli altri Paesi, con un numero maggiore di adulti tra gli attivi.
Non è così, gli inattivi hanno ricominciato a salire e se l’effetto immediato è una diminuzione della disoccupazione, in realtà gli effetti sull’occupazione totale non possono essere positivi.
Si giunge quindi ad uno dei punti fondamentali della differenza tra realtà e percezione: l’abitudine di guardare solo il tasso di disoccupazione, senza contare che questo può scendere non solo perchè più persone sono al lavoro, ma anche perchè molte non ne ricercano uno. E’ quello che per esempio influisce sui dati negli USA, dove c’è stato un crollo degli attivi, ma anche in Italia, dove gli inattivi sono moltissimi, un record europeo, soprattutto tra le donne, e le oscillazioni di questa grandezza contano.
Occupazione in Italia: quasi 100 mila lavoratori in meno tra i 25 e i 49 anni
Quello cui dovremo guardare sono le statistiche sugli occupati. E’ quello che fa l’ISTAT, distinguendo anche tra le tipologie di contratti.
E in effetti se guardiamo i dati anno su anno abbiamo un aumento dell’occupazione di 206 mila persone, e in particolare un aumento di contratti da dipendente, di cui 141 mila permanenti.
Dati positivi, ma in realtà tutto questo aumento è avvenuto tra novembre 2014 e aprile 2015, dopo di che tra alti e bassi l’occupazione negli ultimi 7 mesi è stata ferma.
Se prendiamo poi i dipendenti a tempo indeterminato è paradossale notare che l’aumento è avvenuto tra novembre e maggio e gli ultimi 6 mesi vi è stato invece un calo di 37 mila lavoratori.
Insomma, più assunti a tempo indeterminato prima del Jobs Act che dopo. Paradossale.
L’analisi più importante però è quella relativa all’età. E quello che emerge è inquietante
Di fatto quasi tutto l’aumento occupazionale è realizzato dai lavoratori over 50, che aumentano di 274 mila unità, presumibilmente a tempo indeterminato.
Come già sottolineato in altre occasioni non c’è stata una singolare ondata di assunzioni di lavoratori anziani, masi tratta dei pensionamenti in meno per la legge Fornero.
Al contrario continua il calo degli occupati tra i 25 e i 34 anni, meno 40 mila, e tra i 35 e i 49 anni, meno 58 mila.
Sono quasi 100 mila lavoratori in meno, proprio nell’età centrale, quella in cui non solo si fa carriera e si consolida la posizione, ma anche quella in cui normalmente si hanno più spese ed esigenze perchè si costruisce e si mantiene una famiglia.
Unico dato positivo, la ripresa dell’occupazione tra i più giovani tra i 15 e i 24 anni, che hanno sempre presentato tassi di attività minimi.
Proprio i tassi non devono essere trascurati, i numeri assoluti vanno visti in proporzione a quanti sono i componenti di quella fascia di età.
Ed ecco che in effetti i tassi di occupazione salgono, anche per la fascia di età tra i 35 e i 49 anni, che evidentemente soffre più una crisi demografica ma scendono tra i 25-34enni.
Questo è molto grave, dovrebbe essere la fascia d’età in cui si trovano più laureati, più persone intenzionate a lavorare, quelle più formate ed impiegabili dalle aziende, è l’età in cui comincia la carriera, e invece pare che l’Italia debba fare a meno di questa fascia importantissima.
Si tratta probabilmente anche degli effetti della condizione particolare di questi lavoratori, ovvero i primi in prevalenza con contratti non a tempo indeterminato, e quindi sacrificabili in una ristrutturazione aziendale, mentre a rimanere tipicamente sono quelli più anziani e protetti.
E’ però questa una distorsione dell’economia, un modello che alla lunga non potrà che rivelarsi dannoso, il 59,4% di tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni è troppo poco, un Paese che vuole crescere non può permettersi di mantenere inattivo il 40% della popolazione nell’età più produttiva.