Rouhani in Italia: Roma e Teheran tornano a dialogare
Nei giorni scorsi il Presidente iraniano Hassan Rohuani è volato a Roma. Si tratta della prima visita europea del leader mediorientale dopo la sua elezione: le eccellenti prospettive di una ritrovata collaborazione.
A pochi mesi dalla sua elezione, datata giugno 2013, Hassan Rouhani aveva definito l’Italia «porta per le relazioni fra Iran e l’Europa». Due anni dopo il Presidente iraniano ha incontrato a Roma i vertici del mondo politico, economico e religioso: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il pontefice Francesco. Una visita, inizialmente prevista per novembre e poi rinviata a causa degli attacchi terroristici di Parigi, che ha fatto seguito al viaggio, compiuto quest’estate a Teheran, da una delegazione guidata dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e da quello per lo Sviluppo Economico Federica Guidi. A rendere, evidentemente, cruciale l’evento è la riabilitazione dell’Iran sulla scena mondiale, sancita dall’Implementation Day dello scorso 16 gennaio col quale sono state definitivamente rimosse le sanzioni su Teheran.
Rouhani in Italia: Roma e Teheran tornano a dialogare
Queste ultime, iniziate a metà degli anni 2000, avevano largamente compromesso lo scambio commerciale fra i due Paesi, storicamente assai dinamico. Guardando la bilancia commerciale, ripercussione immediata ha avuto l’embargo dell’Unione Europea sul greggio iraniano, sulla cui importazione si basava ben il 90% del petrolio acquistato da Roma. Al tempo stesso, fra il 2005 e il 2014, le importazioni italiane in Iran erano diminuite del 50%, passando – secondo i dati dell’Istituto Commercio Estero – dai 2.2 miliardi di euro del 2004 agli 1.1 del 2014. Questo soprattutto poiché l’estromissione dell’Iran dal sistema SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), sostanzialmente il sistema dei pagamenti internazionali, ha reso ardua anche la realizzazione degli scambi nei settori rimasti illesi dalle sanzioni.
Il 16 gennaio 2016 ha segnato uno spartiacque nella storia delle relazioni fra Roma e Teheran. Il dialogo sulla cooperazione culturale non è mai stato interrotto (si pensi ai numerosi accordi di azione bilaterale nel campo delle biotecnologie, dell’architettura e dell’archeologia), ma è su quello commerciale, prima gravemente rallentato, che si sono aperte nuove importanti prospettive. L’Italia è già oggi il secondo partner commerciale europeo dell’Iran e sul finire del 2014 si è registrata un’ascesa degli interscambi che ha portato a una crescita del 25% nel primo semestre del 2015. Ampi sono ora i margini affinché questo trend possa continuare la sua curva positiva nei settori tradizionalmente più incisivi, quali quello automobilistico e dell’industria estrattiva. Ulteriore settore chiave sarà quello degli investimenti diretti esteri, necessari all’Iran per far ripartire i comparti maggiormente colpiti dalle sanzioni: Rouhani ha dichiarato che per dare ossigeno all’economia del Paese, Teheran avrà bisogno di una somma fra i 30 e i 50 miliardi annui provenienti da investimenti esterni.
L’agenda di entrambi i governi è chiaramente dominata dalla questione energetica. L’Iran è il quarto paese al mondo per riserve di greggio, il secondo per riserve di gas. Le sanzioni hanno soffocato enormemente la produzione in entrambi i settori: Teheran ha perso circa un milione di barili al giorno, retrocedendo dal quarto al settimo posto nella classifica dei paesi produttori. Tradizionalmente, è l’Italia il maggiore importatore europeo del petrolio iraniano (200mila barili al giorno nel 2011, quasi il 15% del totale prodotto da Teheran), tanto da essere stato l’ultimo paese UE ad applicare fattivamente le sanzioni, chiedendo per diversi mesi apposite proroghe. Il ritorno dell’Iran sul mercato energetico mondiale rappresenta fonte di sicure occasioni per le società italiane nei settori della trasformazione e del trasporto degli idrocarburi: Eni, Saras, Saipem e Tenaris. Esiste tuttavia un ostacolo non indifferente alla realizzazione di nuovi proficui accordi per entrambe le parti: il nodo dei debiti/crediti arretrati nel settore energetico. Eni, ad esempio, deve rinegoziare circa 800 milioni di euro di crediti mentre Saras deve far fronte a un debito di 200 milioni verso Teheran. La risoluzione delle elencate questioni pendenti potrà dar nuova linfa all’economia iraniana, aprendo, al contempo, ghiotte opportunità per le imprese del nostro paese.
Matteo Anastasi
(Mediterranean Affairs – Editorial board)