Occupazione e Jobs Act, da aprile gli occupati sono diminuiti, qualcosa non sta funzionando
Occupazione e Jobs Act, da aprile gli occupati sono diminuiti, qualcosa non sta funzionando
Tra le riforme che Renzi sta mettendo sul piatto per ottenere una delle tante deroghe richieste alla commissione Europea rispetto ai patti firmati sul deficit vi è anche la riforma del lavoro, anzi se escludiamo la riforma del Senato che molti non considerano determinante ai fini dell’economia, il Jobs Act è il principale argomento portato a supporto delle richieste di flessibilità
Il Jobs Act è entrato in vigore il 1 marzo, sembra aver funzionato per un mese
La riforma del lavoro è entrata formalmente in vigore il 1 marzo 2015, dopo questo momento le imprese hanno potuto assumere con la nuova legge, oltre che con gli incentivi della decontribuzione stabiliti nello stesso momento.
Ci si aspettava quindi una svolta positiva. Purtroppo invano.
I dati parlano chiaro, dopo un balzo di 150 mila occupati tra marzo e aprile, probabilmente effetto dell’approvazione della legge e dell’accumulazione in quel primo mese di Jobs Act di contratti di assunzione che erano stati messi in attesa nei mesi precedenti, è stato un succedersi di alti e bassi che ha visto passare dai 22 milioni 479 mila lavoratori dell’aprile 2015 ai 22 milioni 470 mila del dicembre scorso.
Quindi ci sono 9 mila occupati in meno, come risultato di un picco in agosto di 22 milioni 529 mila, e un calo da allora ad oggi di circa 60 mila persone.
Si tratta di un fallimento che contrasta con quanto sta accadendo nel resto d’Europa e di cui abbiamo già parlato. In Germania si è ormai in piena occupazione, mentre in Spagna da marzo ad oggi vi è stato un aumento di 600 mila occupati, con una popolazione inferiore, e un progresso di PIL e numero di lavoratori che dura da mesi
Posta questa stagnazione del numero degli occupati, che si è tradotta in un lieve aumento del tasso dell’occupazione per la diminuzione della forza lavoro in generale, vi è stato uno slittamento dei disoccupati nell’inattività.
Questo ha prodotto il calo di circa un punto del tasso di disoccupazione, fatto ampiamente pubblicizzato, motivato però da una ripresa, dopo anni di calo, del tasso di inattività in Italia già innaturalmente alto. Gli inattivi da aprile a dicembre sono saliti di 100 mila persone.
Jobs Act sempre ininfluente tra i 25 e i 50 anni
Come già abbiamo visto è proprio la fascia di età di mezzo, quella in cui si forma e si sostiene una famiglia, e avvia una carriera che più esce danneggiata dalle statistiche sull’occupazione.
Nel confronto con dicembre 2014 il calo di occupati è di circa 120 mila persone, mentre come in altre occasioni sono gli ultra 50enni per la legge Fornero che li trattiene al lavoro a segnare un incremento di 190 mila occupati, e per fortuna anche i 15-24enni, con 41 mila lavoratori in più.
Se però andiamo al confronto da cui abbiamo preso spunto all’inizio, tra aprile e dicembre, il saldo diventa positivo per i 25-34 enni, ma drammaticamente negativo di 120 mila occupati per i 35-49 enni.
Quindi l’identikit del perdente n questi ultimi mesi dal lato occupazionale vede una persona tra i 35 e i 49 anni, a partita IVA, che ha perso il proprio lavoro, considerando che i lavoratori indipendenti sono scesi di 130 mila persone, all’incirca come da dicembre a dicembre
Un po’ a sorpresa però in controtendenza rispetto agli ultimi anni sono le donne che sono state svantaggiate in questi ultimi mesi, mentre anche da aprile 2015, oltre che da dicembre vi è stato un aumento dell’occupazione maschile
Una serie di fenomeni contemporanei sta accadendo.
– una perdita di lavoro degli autonomi sopra i 35 anni, già colpiti duramente dalla crisi economica
– la permanenza al lavoro degli ultra 50enni, grazie alla legge Fornero
– un aumento dell’inattività femminile, già tra le più alte d’Europa, in particolare tra i 25 e i 35 anni
– un troppo timido aumento delle assunzioni tra i 15 e i 35 anni, che non basta a compensare il passaggio all’inattività delle donne e la perdita di occupazione degli autonomi.
E’ evidente che se questo è quello che sta accadendo ora che sono attivi gli sgravi contributivi, fino a 8 mila€ a lavoratore, che però saranno dimezzati da quest’anno ed eliminati dopo 3 anni, non si può essere ottimisti sul futuro.
Di fatto la forza principale a favore del lavoro ora è la legge Fornero che aumenta l’occupazione dei lavoratori più anziani, ma non è a questo che mirava la riforma del lavoro.
E’ vero che alla fin fine è la crescita dell’economia che determina anche l’occupazione, e nel 2016 è prevista un’accelerazione, al 1,4%, e però ai livelli da record negativo europeo che caratterizza il mondo del lavoro italiano ci si aspetterebbe un cambiamento che vada oltre il semplice miglioramento della congiuntura.
Probabilmente per ottenerlo ci sarebbe da toccare i posti già esistenti, in termini di salario o l’introduzione di un salario minimo che lasci poi libere le aziende di regolarsi in base alla redditività del proprio settore, o distretto o area geografica senza essere costretti a seguire contratti collettivi obsoleti in un mondo così segmentato.
Ma per tutto ciò ci sarebbe da affrontare una lotta con il sindacato che farebbe impallidire quella per il Jobs Act che incidendo solo sui nuovi contratti è quasi passato in cavalleria. E come tutto ciò che troppo facile e semplice, spesso non si rivela efficace.